Una politica industriale per un’Unione Energetica Verde
Un confronto ad alto tasso di preparazione tecnica, coinvolgente e stimolante.
Il convegno “Rinnovabili e risparmio energetico: l’opportunità di creare nuovi posti di lavoro in Italia e in Europa”, organizzato da GreenItaliaVerdiEuropei, insieme al Gruppo Verde al Parlamento Europeo, e che si è svolto a Roma nel corso della mattina di lunedì 13 ottobre ha riunito intorno ad un tavolo gli europarlamentari verdi Claude Turmes e Bas Eickout, gli esponenti di Green Italia Monica Frassoni, Francesco Ferrante e Annalisa Corrado che hanno discusso delle enormi potenzialità delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica per spingere l’Italia e l’Europa ad affrancarsi dalla dipendenza economica nei confronti di paesi politicamente instabili.
Al tavolo presenti anche alti rappresentanti dei Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, oltre che di Confindustria, Terna e Enel.
Molti gli spunti, i dati e le esperienze a livello mondiale, che hanno animato anche il dibattito sulla rete, tanto da rendere l’ hashtag GreenJobAct uno dei più trending su twitter nel corso della mattinata.
Non solo dunque un dibattito sull’importanza della riduzione delle emissioni, di aumento delle fonti rinnovabili, di incremento dell’efficienza al 2030, per affrontare i cambiamenti climatici in atto, ma anche un confronto sugli strumenti più adeguati per contrastare la crisi economica e sociale in atto, fornendo all’Europa la possibilità di riacquistare il suo potere geopolitico grazie all’innovazione e alla stabilità energetica.
Un’Europa all’avanguardia nel mondo in termini tecnologici ed energetici, creazione di milioni di posti di lavoro verdi, dignitosi e locali per i cittadini europei, lotta ai cambiamenti climatici. Tutto questo sarà possibile con l’Unione verde energetica, un’agenda di investimenti che contribuisca a combattere la disoccupazione, ad arrestare il cambiamento climatico e a riappropriarsi del capitale geopolitico dell’Ue. Mancano pochi giorni al Consiglio europeo del 23 ottobre che, sotto la Presidenza italiana, deciderà quali impegni l’Europa assumerà per la riduzione di CO2, per l’aumento delle fonti rinnovabili e per l’incremento dell’efficienza energetica al 2030. “Con le rinnovabili e l’efficienza energetica si fa politica industriale, si crea lavoro e si rilancia l’economia”, sottolinea Francesco Ferrante, esponente di Green Italia. Infatti, “convergendo radicalmente sugli investimenti per l’efficienza energetica e il settore delle rinnovabili, non solo si ridurrà in modo sostanziale la nostra spesa per le importazioni di combustibili fossili, ma diventeremo anche meno dipendenti dai Paesi fornitori e di conseguenza aumenterà in nostro capitale geopolitico”, dicono i Verdi
I Paesi dell’Ue, infatti, “pagano piu’ di un miliardo di euro al giorno per il petrolio, carbone e gas che vengono importati. Questo denaro- rilevano i Verdi europei- potrebbe essere speso molto meglio per superare la crisi, vale a dire maggiore occupazione, miglioramento dei servizi sociali ed energia sostenilbili”. Ma, ad esempio, “il Portogallo e’ riuscito ad affrancarsi dal bisogno di gas e petrolio, riducendo le importazioni del 70%, convertendo le strutture per produrre energia eolica e puntando sulle auto elettriche. Potrebbe arrivare a produrre cosi’ tanto da esportare energia da fonti rinnovabili”, dice Claude Turmes, deputato del gruppo dei Verdi al Parlamento europeo, intervenendo alla conferenza stampa. Tutti i cittadini europei “devono avere accesso ad un sistema di energia a prezzi accessibili, sicura e sostenibile” e che sia “indipendente dai combustibili importati e dalle tecnologie pericolose, mettendo in primo piano i risparmi energetici ottenuti attraverso una maggiore efficienza”. Per questo, “e’ giunto il momento per una visione del 21esimo secolo dell’energia, un’Unione energetica verde”, conclude.
L’obiettivo è quello di produrre la nostra energia nel nostro continente, trasformando i cittadini in produttori-consumatori. Nel 1990, abbiamo importato il 62% del nostro fabbisogno energetico, con un aumento giunto sino al 75% nel 2008; secondo la Commissione Ue, nel 2012 il conto netto delle importazioni di petrolio e gas ammontava a più di 400 miliardi di euro, ovvero circa il 3,1% del Pil dell’Unione. Per questo serve un’Unione Energetica Verde, cioè una politica energetica comune sulla base di energie rinnovabili ed efficienza energetica, con l’obiettivo di garantire a tutti i cittadini Ue l’accesso a un sistema di energia (tra i 50 e i 125 milioni di cittadini Ue ancora oggi sono soggetti a carenza energetica) a prezzi accessibili, sicuro e sostenibile e che sia indipendente dai combustibili importati e dalle tecnologie pericolose. Il progetto vede l’Europa trasformarsi in un “leader verde” in grado di generare esportazioni del valore aggiunto pari a 25 miliardi di euro all’anno e ridurre la bolletta energetica di ben 350 miliardi di euro l’anno entro il 2050.
Un’opportunità anche per creare nuovi posti di lavoro: raggiungendo a livello comunitario gli obiettivi vincolanti al 2030 per la quota di energia rinnovabile (45%), l’efficienza energetica (40%) e riduzione delle emissioni (60%), si creerebbero fino a 2 milioni di posti di lavoro nel settore dell’efficienza energetica entro il 2020 e potenzialmente altri 2milioni di posti fino al 2030. Un esempio virtuoso esiste già. “Il Portogallo è l’unico paese Ue che è riuscito ad affrancarsi dal bisogno di gas e petrolio, riducendo le importazioni del 70%, convertendo le strutture esistenti al fine di produrre energia eolica e puntando sulle auto elettriche. E potrebbe iniziare a produrre tanto da poter esportare l’energia prodotta da fonti rinnovabili”, dichiara Claude Turmes, deputato del gruppo dei Verdi al Parlamento Europeo. Gli Stati Membri sono oggi dipendenti dalle importazioni provenienti da altri Paesi per il 90% del loro fabbisogno di petrolio, per il 95% del loro fabbisogno di uranio, oltre il 60% del fabbisogno di gas e di oltre il 40% dei combustibili solidi quali carbon fossile. Una dipendenza che può essere drasticamente tagliata grazie alla “solidarietà” che consentirebbe a tutti i gli Stati Ue di beneficiare di un approvviggionamento pari quasi al 100% di energia sostenibile entro il 2050 sfruttando le potenzialità energetiche ‘green’ l’uno dell’altro (biomassa ed energia idroelettrica dei Paesi dell’Europa orientale, l’eolico del Mar Baltico, il solare dei Paesi del Sud e ancora eolico e idroelettrico dai Paesi nordici).
”Per affrontare il cambiamento climatico e contrastare le crisi sociale ed economica in atto, l’Ue dovrà presentarsi ai negoziati internazionali di Parigi 2015 con obiettivi ambiziosi e vincolanti. Il Governo e il sistema industriale italiano non sembrano però in grado di sfruttare questa chance e la posizione italiana, nel semestre di guida dell’Ue, è dettata da una ‘eco-indifferenza’, con un livello basso di coinvolgimento nella discussione europea sul futuro Pacchetto Clima ed Energia 2030″. Così Monica Frassoni, coordinatrice di Green Italia e co-presidente del Partito Verde Europeo. “Se l’eco-indifferenza è dettata da eco-ignoranza – continua – noi siamo favorevoli e pronti a portare avanti un colloquio aperto con il governo italiano e gli stakeholders interessati per la condivisione delle best practice. Proprio come abbiamo fatto oggi, con la presentazione del progetto di una Unione Energetica Verde, che delinea una politica energetica comune dell’Ue, basata sullo sviluppo di energie rinnovabili ed efficienza energetica”. “Per raggiungere l’indipendenza energetica dell’Ue e la maggiore sicurezza a livello geopolitico che questa comporta, ma anche per aumentare la creazione di nuovi posti di lavoro che gli investimenti in efficienza energetica e in rinnovabili garantiscono – conclude – l’Ue dovrà scegliere una politica energetica basata su obiettivi ambiziosi. Renzi, con la guida del semestre Ue, deve cogliere l’occasione di dare all’Italia il ruolo di leader per una transizione energetica sostenibile dell’Ue”.