Trasporto regionale e locale: in Italia mancano strategie e investimenti

treno_localeArticolo di Anna Donati su Qualenergia –

Il gravissimo incidente ferroviario in Puglia, tra Andria e Corato, che ha fatto 23 vittime e 50 feriti, ha messo in evidenza l‘importanza del trasporto locale ferroviario per i 4,3 milioni di pendolari che ne usufruiscono quotidianamente ma anche la sua arretratezza.

Parliamo di 2,8 milioni che usufruiscono dei servizi di Trenitalia e di 1,5 milione che utilizza le ferrovie locali regionali che hanno servizi inadeguati perché quasi ovunque la cura del ferro si è fermata, pur essendo cresciuti i pendolari.

Questo grave incidente ha fatto ancora più scalpore perché i treni sono un sistema di trasporto sicuro per eccellenza. Ma perché si mantenga questo prezioso primato e l’offerta possa crescere in sicurezza servono investimenti, raddoppiamenti dei binari dove la frequenza elevata lo richiede, nuovi treni, nuove tecnologie di comando e controllo e un’adeguata e costante formazione del personale.

L’errore umano purtroppo è sempre in agguato ma oggi esistono tecnologie e sistemi che garantiscono controlli supplementari e frenature automatiche per ridurre i rischi. Tecnologie innovative esportate in tutto il mondo dalle imprese italiane.

Sarà l’indagine della magistratura a stabilire le cause esatte dell’incidente ferroviario e le responsabilità ma è fuori discussione che lo scontro frontale tra i due treni sia avvenuto nel tratto di linea a binario unico e con il vecchio sistema gestionale di “blocco telefonico”. Il binario unico non è una rarità nel panorama italiano ed europeo e non è di per sé insicuro: dipende sempre dalle tecnologie installate e dalle procedure di controllo e gestione esistenti sulla rete combinate alla frequenza dei treni.

Rete ferroviaria nazionale e ferrovie locali regionali

In Italia, la rete nazionale consta di 16.700 km di Rfi, dei quali circa 9.000 km sono a binario unico. Ci sono altri 3.700 km di linee ferroviarie regionali dei quali 2.700 a binario unico e sotto la gestione delle Regioni (tranne qualche eccezione).

Ricordiamo che di questi binari locali circa 2.200 km non sono a trazione elettrica e ben il 41% sono a scartamento ridotto. Sulla rete Rfi si è investito su tecnologie all’avanguardia – secondo Fs circa 6-7 miliardi dal 2000 a oggi – che garantiscono la sicurezza dei circa 16.700 chilometri di binari sottoposti alla vigilanza dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle ferrovie (Ansf).

Dall’altra, c’è una situazione disomogenea: circa 3.700 chilometri di rotaie che rispondono ad Ustif, organo periferico di controllo del Ministero delle Infrastrutture e ben trentaquattro aziende, a partecipazione sia pubblica sia privata che scontano, in qualche caso, un deficit di investimenti che li mette su un piano diverso rispetto agli standard migliori.

Si va da Ferrovie Nord in Lombardia fino a una pluralità di soggetti presenti proprio in Puglia, come Ferrovie del Gargano, Ferrotramviaria, Ferrovie del Sud Est e Ferrovie Appulo Lucane, o in Campania con il Gruppo Eav della Regione che gestisce Circumvesuviana, Cumana e Circumflegrea.

Questo non vuol dire che esista un problema di sicurezza su larga scala, ma che la nostra rete ferroviaria viaggia a diverse velocità anche in questo tema.

Andrebbero armonizzati gli standard su alcune materie strategiche, come i dispositivi di sicurezza a terra e a bordo. In questo senso, la questione dei controlli e dell’allineamento di tutta la Rete non è nuova, tanto che è stato già avviato nel 2015 un Decreto Legislativo che punta al passaggio di tutte le ferrovie regionali sotto l’ombrello dell’Agenzia Nazionale, che il Mit prevede possa essere approvato entro fine anno.

Cosi come con il recepimento in corso della “Direttiva Recast” si punterà a integrare e rendere interoperabile la rete Rfi con diverse linee ferroviarie regionali magari portandole sotto la competenza della rete nazionale, come si è candidato a fare Fs ed Rfi.

Le linee locali “ex concesse” sono state traferite dallo Stato alle Regioni negli anni 90: sono stati realizzati potenziamenti e ammodernamenti utilizzando fondi europei, la legge 211/92 e risorse regionali.

Con le difficoltà finanziarie delle Regioni, l’esaurimento dei fondi della 211 mai rifinanziata, sono rimasti solo i Fondi europei (che non tutte le regioni possono o sono capaci di utilizzare) molti di questi progetti sono rimasti sulla carta, mentre le reti e il materiale diventavano sempre più obsoleti.

Va detto che Ferrotramviaria Spa – la società che gestisce la rete ed il servizio tra Bari e Barletta con un contratto con la regione Puglia e sulla cui rete è avvenuto il grave incidente di luglio –  è una società che gode di buona reputazione nel settore e che ha realizzato diversi progetti utili per la mobilità del territorio. Dei 70 km di linea elettrificata, 33 sono a doppio binario e adeguamento tecnologico di gestione.

Per il tratto Corato-Andria di 13 km è in corso il bando per il raddoppiamento del binario, di cui si parla da diversi anni, per un valore di circa 33 mln di euro, proprio quel tratto dove è avvenuto il grave incidente di luglio. Progetto che prevede insieme al raddoppiamento anche l’interramento di 3,5 km di linea nel comune di Andria, che forse ha contribuito ad allungare i tempi di decisione, come spesso accade quando i binari attraversano i paesi e occorre trovare le soluzioni più adeguate, insieme alle complesse procedure autorizzative e alle regole stringenti per l’uso dei Fondi europei.

La società Ferrotramviaria Spa si è dotata di nuovi treni, ha realizzato nel 2008 il servizio ferroviario metropolitano tra Bari il quartiere e l’ospedale San Paolo e, ultimo nato nel 2013, ha realizzato e aperto il collegamento diretto per Bari Aeroporto con arrivo alla stazione centrale di Bari. Nuovi servizi che hanno ottenuto un grande successo, con ben 240mila passeggeri che, nel primo anno, hanno utilizzato il collegamento con l’aeroporto.

Un grande progetto di ammodernamento della rete e dei servizi del costo di 180 milioni, ottenuti dalla Regione Puglia nell’ambito di Fondi europei, a partire dal 2008, che attende di essere completato e attuato rapidamente per servire un bacino di utenza di 700mila persone.

Pendolaria 2015: le dieci peggiori

Ogni anno Legambiente presenta un report documentato sullo stato del trasporto pendolare in Italia. Dal rapporto 2015 si deduce che dal 2010 al 2015 la contribuzione pubblica complessiva per il trasporto locale (sia su gomma sia su ferro, sia urbano sia extraurbano) è passata da 6.2 miliardi a 4.8 miliardi, che il trasporto ferroviario è stato tagliato del 6,5% con rilevanti differenze tra le Regioni: il 15% in Campania, il 13,8 in Liguria, il 26% in Calabria. Che in questi anni si è assistito alla sospensione del servizio ferroviario per ben 1.200 km di linee di cui ben 14 sono in Piemonte.

Che al Nord l’offerta di treni è decisamente superiore con 2.300 corse in Lombardia mentre Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna insieme fanno 1.738 corse giornaliere. Interessante anche analizzare le linee più trafficate giornalmente (Tabella 1): tra i primi posti vi sono diverse ferrovie regionali, come la Roma ­ Ostia Lido con 100mila passeggeri e la Circumvesuviana Napoli Sorrento con 55mila, oppure la linea Rho-Milano-Como-Chiasso con 48mila.

Linee molto trafficate che spesso sono le linee peggiori d’Italia secondo il rapporto Pendolaria 2015 dato che gli scarsi investimenti su binari, tecnologie e treni hanno fatto aumentare disservizi, disagi e soppressioni per gli utenti. Al primo posto tra le linee peggiori c’è sempre la Roma- Lido di Ostia, segue Alifana e Circumvesuviana, al terzo posto la linea Rho-Milano-Como-Chiasso a dimostrazione che anche il profondo Nord ha i suoi bei problemi. Seguono Verona-Rovigo, Reggio Calabria-Taranto e Messina-Catania-Siracusa (vedi grafico).

Provvedimenti tardivi

Il Ministro Graziano Delrio ha annunciato un finanziamento supplementare per queste tratte ferroviarie regionali per 1,8 miliardi: è un buon inizio, peccato sia avvenuto a valle di un incidente ma serve un piano di ammodernamento e potenziamento adeguato alla situazione arretrata di molte di queste reti, che come abbiamo visto, sono tra quelle più utilizzate che servono città e aree metropolitane; serve anche un forte impegno delle Regioni per migliorare il servizio locale.

Qualcosa sta cambiando anche per gli investimenti sulla rete nazionale Rfi ma ancora in modo insufficiente per recuperare la cura del ferro sulla rete locale rispetto agli investimenti sull’Alta Velocità. Infatti l’addendum 2015 al Contratto di Programma con Rfi prevede 8,9 miliardi di investimenti, di cui la metà destinati all’Av (terzo valico Milano Genova, Tunnel del Brennero, Brescia Padova).

Della restante parte 750 milioni sono per il miglioramento delle rete nelle aree metropolitane, 1,3 miliardi a servizio della rete regionale, 1,7 miliardi per la messa in sicurezza (tecnologie, dissesto idrogeologico, rischio sismico). Si tratta di investimenti in larga parte legati all’Alta Velocità e concentrati al Nord.

Una strategia che sembra proseguire anche l’addendum 2016 con la destinazione di 8,2 miliardi decisi dalla Legge di Stabilità per gli anni 2017-2025. La seduta del Cipe del 10 agosto 2016 ha stabilito che di queste risorse il 60% sia destinato alle grandi opere come il Terzo Valico Milano Genova, il nuovo valico del Brennero e la Napoli Bari. Alle linee esistenti sono destinati circa 991 milioni, alla sicurezza un miliardo di euro e circa un altro miliardo all’adeguamento delle linee regionali. Vedremo poi, dopo i diversi pareri previsti incluso il Parlamento, se queste destinazioni saranno confermate o modificate.

Nella stessa seduta del Cipe sono stati sbloccati i fondi Fsc – Fondo Sviluppo e Coesione – con 11 miliardi destinati alle infrastrutture, di cui 2,2 per le ferrovie regionali e 0,3 per la sicurezza. Risorse necessarie ma sempre notevolmente inferiori alle grandi opere Av e al potenziamento della rete autostradale. In questo modo diventa difficile recuperare il deficit nella cura del ferro regionale, aumentando il divario tra un’Italia di serie A ad Alta velocità e un’Italia di serie B per i pendolari locali.

Dopo il grave incidente ferroviario, la discussione sull’utilità e il futuro di queste linee è stata molto accesa, con impegni e dichiarazioni da parte del Governo, del Parlamento e delle Regioni, per dare slancio e futuro al trasporto ferroviario locale. Speriamo che questa fiammata di attenzione non si esaurisca rapidamente: sarebbe il modo più serio per portare cordoglio alle vittime e alle loro famiglie.

L’articolo è stato originariamente pubblicato sul numero 4/2016 della rivista bimestrale QualEnergia con il titolo “All’Italia manca il ferro”