Non risposte e fake-news di Renzi su Pd e ambiente

Articolo di Roberto Della Seta e Francesco Ferrante su Huffington Post –

Matteo Renzi oggi su “la Repubblica” risponde quasi indignato alle analisi di chi come Walter Veltroni lamenta un grave e colpevole ritardo del Pd nell’assumere l’ambiente come una propria parola fondativa e come un tema oggi irrinunciabile per declinare l’idea di progresso: “E’ giusto chiedere di fare di più – afferma il segretario (da quasi quattro anni) del Partito democratico – ma non si può cedere a semplificazioni superficiali”.

In realtà di superficiale e anche un po’ sgangherata, sul punto, vi è proprio questa lunga lettera di Renzi, piena zeppa di omissioni e anche, bisogna dire, di parecchie bufale o come si dice adesso di “fake-news”.
Renzi comincia la sua requisitoria rivendicando alcune scelte compiute da sindaco di Firenze: la chiusura al traffico di Piazza Duomo, il piano strutturale urbanistico che ha minimizzato (non azzerato come lui scrive) l’ulteriore consumo di suolo nella città. Meriti indiscutibili che contribuirono ad accreditarlo come un promettente rinnovatore della politica e del centrosinistra anche in direzione di una maggiore attenzione ai temi ambientali; premesse del tutto disattese dal “secondo Renzi”, quello che prima ha preso in mano la guida del Pd e poi le redini del governo.
 Improbabile è anche la “appropriazione indebita” che Renzi fa di norme ambientali innovative approvate in questa legislatura, come la legge sugli ecoreati: una riforma in effetti assai positiva, per la quale gli ambientalisti guidati da Legambiente si battevano da vent’anni. Ma una riforma squisitamente parlamentare, resa possibile dalla convergenza di forze politiche sia di maggioranza che di opposizione.

Venendo alle omissioni e alle “fake-news” contenute in abbondanza nella lettera di Renzi a “la Repubblica”, ecco un elenco delle più vistose.Sostiene Renzi: “Considero un privilegio aver lavorato a fianco di Barack Obama e di François Hollande per la stesura dell’accodo storico sul clima di Parigi”; e poi: “Una nuova missione è stata affidata a ENI ed ENEL per le rinnovabili”. Peccato che il governo Renzi si è sempre distinto in Europa per avere sostenuto in materia di innovazione energetica e lotta ai cambiamenti climatici le posizioni più retrive e conservatrici : per intendersi sempre dalla parte della Polonia che difende il carbone, mai dalla parte della Germania che guida la transizione verso un’energia green. Questo è stato il segno anche della politica energetica “interna” dell’Italia nei mille giorni renziani: via libera alle trivelle petrolifere (scelta bocciata da 13 milioni di italiani, in maggioranza elettori di centrosinistra, nei referendum del 2016), norme per penalizzare i produttori di energie rinnovabili e con essi un intero settore produttivo tra i pochi a svolgere in questi anni di crisi una preziosa funzione anti-ciclica. Gli effetti si stanno vedendo: secondo i dati forniti da Terna, nei primi sette mesi del 2017 la produzione di elettricità da fonti rinnovabili è diminuita del 5,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, e quella da fonti fossili è cresciuta dell’11,3%. Un dato in controtendenza rispetto a ciò che avviene in buona parte dell’Europa e del mondo e a ciò che è avvenuto negli ultimi anni anche da noi, un dato che si rifletterà in un aumento delle emissioni di anidride carbonica. Del resto, proprio negli anni del governo Renzi le emissioni italiane di anidride carbonica (CO2) del settore elettrico hanno ricominciato ad aumentare dopo 25 anni di calo ininterrotto: da 303 grammi di CO2/KWh nel 2014, a 315 nel 2015, a 331 nel 2016. Insomma altro che Obama: “grazie” a Renzi, nel nostro Paese le emissioni dannose per il clima stanno tornando a crescere. Quanto alle “missioni” affidate a Enel ed Eni, va detto che mentre Enel – per merito non di Renzi ma del suo nuovo management – ha imboccato con decisione la via dell’energia green, invece Eni – ascoltatissima dall’ex-presidente del consiglio e tuttora segretario del Pd – è stato in questi anni il principale architrave delle politiche energetiche regressive condotte in Italia.

Molto vicina alla bufala è anche l’apologia del programma “Casa Italia” per mettere in sicurezza il territorio: dal 2014 a oggi su 7,7 miliardi teoricamente stanziati fino al 2023 sono stati spesi poco più di 100 milioni, una miseria. Renzi poi si vanta di avere bloccato la legge regionale filo-abusivismo edilizio varata dall’allora governatore della Campania Stefano Caldoro, ma dimentica di aggiungere che il Pd campano ha fatto approvare una legge altrettanto scandalosa voluta dal renzianissimo successore di Caldoro, De Luca(meritoriamente impugnata dal governo Gentiloni), e che il Pd nazionale sta sostenendo in Parlamento il disegno di legge Falanga che istituzionalizzando il principio dell’abusivismo di necessità di fatto salverebbe dalla demolizione migliaia di immobili illegali.

Ancora. Renzi rivendica come un suo merito il “piano di ambientalizzazione” dell’Ilva, e qui si fa spudorato. I tre anni del suo governo sono infarciti di decreti di proroga e di deroga alle prescrizioni per la messa in sicurezza ambientale dell’Ilva di Taranto, coronati qualche mese fa dalla scelta di vendere lo stabilimento alla cordata Mittal che sull’ambientalizzazione offre zero garanzie. Con il governo Renzi, la possibilità di dare un futuro all’Ilva di Taranto a partire da un rapido e rigoroso risanamento ambientale ha fatto molti, forse decisivi, passi indietro.

L’elenco delle “perle” della lettera di Renzi a “la Repubblica” potrebbe continuare, ma gli esempi citati rendono a sufficienza, ci pare, un concetto semplice semplice: se serviva una conferma alle critiche severe per la deriva “anti-ecologica” del Pd – una deriva, è bene sottolinearlo, che affonda le radici nell’antica e mai superata estraneità della sinistra italiana al paradigma ecologico, ma che negli ultimi anni ha subìto ulteriori accelerazioni -, la conferma arriva quanto mai autorevole dal ricco armamentario di omissioni, non risposte e “fake-news” dell’autodifesa renziana.