Netanyahu mi ricorda Salvini: cavalca il peggio del suo popolo ma ne tradisce l’anima

Articolo di Roberto Della Seta su Huffington Post –

Tra i tanti pensieri che mi ha fatto venire in mente l’inattesa vittoria di Bibi Netanyahu nelle elezioni israeliane – rabbia, sorpresa, preoccupazione per il futuro di una nazione che amo molto -, uno riguarda l’Italia e ha la forma di un parallelo tra Netanyahu e Matteo Salvini. L’accostamento, lo capisco, è azzardato, soprattutto per le differenze vistosissime tra i due personaggi – Bibi dominatore incontrastato della politica israeliana da un decennio, Matteo che sebbene in ascesa raccoglie per ora un consenso largamente minoritario – e tra i due loro Paesi: Israele si trova immersa in una spirale tragica di guerre e di sangue che dura da mezzo secolo, l’Italia è alle prese con problemi seri e anche dolorosi ma fortunatamente assai meno drammatici.

Dov’è allora secondo me l’analogia tra il premier israeliano e il leader leghista? Entrambi, mi pare, sono bravissimi a cavalcare il peggio dei sentimenti, della mentalità dei loro popoli, ma entrambi, dei loro popoli, tradiscono l’anima.

Netanyahu per esempio si propone come difensore intransigente della tradizione da cui è nato lo Stato di Israele, ma in realtà non ha niente a che spartire con l’idea sionista di Theodor Herzl, di Ben Gurion, di Golda Meir, di Yitzhak Rabin; che era, certo, anche un’idea nazionalista, il sogno poi realizzato di costruire uno Stato sovrano che fosse “patria” per tutti gli ebrei, ma conteneva una profondissima radice solidale, umanistica. I padri sionisti con rare eccezioni (vi è stato anche un sionismo di estrema destra) erano socialisti, e anche nelle fasi di scontro irriducibile con gli arabi hanno sempre tenuta socchiusa una finestra verso la pace; Netanyahu invece, nelle sue politiche economiche e sociali come in politica estera, è la negazione di quella utopia sociale e solidarista.

Però detto tutto questo vince Netanyahu, vince perché capace meglio degli altri di “accogliere” la paura di una parte rilevante della società israeliana: paura di Hamas, paura dell’Iran, paura degli arabo-israeliani, adesso paura dell’islamismo dell’Isis. Paure tutt’altro che infondate, il problema semmai è che Netanyahu non ha interesse a impegnarsi contro le ragioni che le determinano, per esempio a lavorare per la pace con i palestinesi: le paure degli israeliani sono la sua migliore polizza di sopravvivenza politica, per questo fa di tutto per alimentarle.

Anche Matteo Salvini è molto bravo ad alimentare la paura e la rabbia dei suoi concittadini: paura per l’ “invasione” dei migranti che tolgono lavoro agli italiani e portano criminalità e magari malattie, rabbia verso l’Europa – nuova reincarnazione di “Roma ladrona” – che con l’euro e i burocrati di Bruxelles “massacra” la nostra economia e impoverisce famiglie e imprese. Come Bibi, pure Matteo è vicinissimo alle angosce del suo popolo ma lontanissimo da quei caratteri nazionali – mescolanza di “razze” dalla sud-mediterranea all’altoatesina, vocazione umanistica, tradizione conviviale – che del suo popolo hanno fatto la fortuna; e come Netanyahu, deve il suo successo attuale ai problemi grandi e piccoli che denuncia ogni minuto. Tra i due, infine, vi è un ulteriore punto di contatto: entrambi vivono di nemici. Netanyahu i suoi se li è trovati già pronti e a disposizione, non ha dovuto che coltivarli; Salvini un po’ li ha inventati, ma seguendo esattamente la stessa logica.

In fondo le affinità elettive tra Netanyahu e Salvini sono le stesse che fanno simili tra loro tutti i populisti: per loro i problemi, i rischi, le minacce esterne non sono ostacoli da rimuovere ma alleati da conservare ad ogni costo. L’unico vero antidoto a questa temibile malattia è negli anticorpi presenti nella società: in Israele, lo dico con la morte nel cuore, per il momento hanno fallito, facciamo in modo che non succeda pure a casa nostra.