L’abusivismo di necessità? Una parola vuota e stupida
Non c’è reato più dannoso per la collettività e il territorio dell’abusivismo edilizio. Una piaga che caratterizza l’Italia meridionale da decenni e che ha devastato territori fertilissimi dal punto di vista della produttività agricola e deturpato paesaggi unici per il pianeta e che sarebbero potuti essere fonte di reddito e stimolo per attività imprenditoriali legate all’accoglienza e al turismo più in generale.
Non solo. L’abusivismo edilizio ha stravolto e vanificato ogni ipotesti razionale di sviluppo urbanistico alterando, in maniera incontrollata, qualsiasi parametro e indice di urbanizzazione, impedendo di fatto la realizzazione di alloggi popolari, parchi, attrezzature sportive, ecc. Privando intere comunità del bene “territorio”.
Ma non basta. L’abusivismo edilizio è stato fonte di corruzione a tutti i livelli della macchina amministrativa: dall’impiegato comunale al vigile urbano, dal consigliere comunale al sindaco. E’ stato sotto il controllo della criminalità organizzata per quanto riguarda le ditte da scegliere, i cantieri da “tutelare” nei confronti di chi li avrebbe voluti far sequestrare, l’acquisito dei materiali per la costruzione, ecc.
Una piaga che ha segnato decenni di distruzione dell’ambiente, del territorio, del paesaggio, del consumo di suolo, di strafottenza delle leggi, di impunità, di assenza di regole e dello Stato. Stato che, peraltro, accondiscendeva il tutto proclamando condoni, premiando in tal modo chi non rispettava le regole, le mafie, la corruzione. Un periodo davvero buio e vergognoso della nostra storia.
Per fortuna, una parte dello Stato, la Magistratura (ma non quella amministrativa che nei TAR operava soltanto con la sospensione delle ordinanze di demolizione in modo da consentire l’ultimazione del manufatto!), non si è piegata a questo andazzo vergognoso e, insieme all’ambientalismo militante e coraggioso di tanti attivisti delle associazioni di tutela ambientale, ha contrastato il fenomeno.
Centinaia e centinaia di casi di abusivismo hanno subito regolari processi e sono arrivati alla conclusione dell’iter giudiziario dopo i tre gradi di giudizio con la sentenza definitiva di condanna e di obbligo di demolizione. Nel frattempo, si badi bene, gli abusivi, ben sapendo di avere costruito abusivamente, magari di avere anche “unto” qualcuno, magari anche di avere avuto promesse di impunità, non erano ignari di tutto ciò.
Ora che si è passati alla esecuzione delle sentenze e si è iniziato finalmente a demolire sul serio e a riportare lo stato di diritto, il rispetto delle leggi nei nostri territori, la giustizia nei confronti di quei cittadini che non hanno infranto le regole e che si sono visti privare del loro territorio, del loro paesaggio, del loro suolo per opera di fuorilegge, ecco che torna a farsi sentire il “popolo” degli anti stato, di quelli a cui non sta bene che si applichi la legge, a quelli a cui non frega nulla dell’interesse collettivo, ma solo di chi gli porta voti.
In che modo sono tornati a galla? Con la recente legge regionale n.19 del 22 giugno 2017 in cui nei primi due articoli, si dicono cose semplicissime , che, in maniera altrettanto semplice, indicano la volontà di bloccare le demolizioni, da eseguire, si badi bene, con sentenza definitiva della Magistratura penale. Con questi due articoli si dà mandato ai consigli comunali, mediante l’emissione prossimamente di apposite linee guida, di valutare se si possa acquisire al patrimonio comunale gli immobili abusivi, qualora non sussistano una serie di elementi normativi, ambientali, idrogeologici e urbanistici che ne impediscano l’attuazione.
Intendiamoci, è comprensibile la preoccupazione degli amministratori, siano essi comunali o regionali, quando vedono nel loro comune interi nuclei familiari privati di un’abitazione. Sebbene sia opportuno ricordare che costoro erano perfettamente coscienti di avere costruito abusivamente e di avere da anni una sentenza definitiva che li condannava alla demolizione e che, pertanto, avevano tutto il tempo di trovare soluzioni alternative.
E’ comprensibile ma non può giustificare scelte politiche che vanno, ancora una volta, nel verso di voler premiare in qualche modo l’illegalità, la “furbizia”, l’aspettativa in istituzioni pubbliche lassiste che prima o poi ti daranno una mano anche se non la meriti.
Viene da chiedersi quale consiglio comunale dirà che l’abuso infrange le regole urbanistiche, crea problemi ambientali o idrogeologici consentendone, in tal modo, l’abbattimento. Gli stessi comuni che non hanno fatto nulla per contrastarlo, e che spesso lo hanno addirittura favorito con il loro “non agire”, ora dovrebbero dire che si, ci sono gli estremi per l’abbattimento, o no che si può anche evitare perché non fa danni. Ce la possiamo immaginare già la scena dell’aula consiliare il giorno del dibattimento. Folla di inviperiti abusivi che urlano, consiglieri che dinanzi a loro si batteranno e si stracceranno le vesti per accontentarli. Leggi, regole urbanistiche, rischi ambientali, rischi idrogeologici, danno alla collettività, tutto questo non verrà minimamente preso in considerazione e avrà vinto, ancora una volta, l’illegalità, il disinteresse per il bene collettivo.
Si urlerà che si tratta di abusivismo di necessità. Una parola vuota e stupida. Se uno ha necessità di un alloggio e non dispone dei soldi per acquistarlo va in affitto, e poi, se non ha soldi, la casa come se l’è costruita?
Nel frattempo, a proposito degli esiti che avranno queste pratiche in consiglio comunale, ci sono già state riunioni delle categorie interessate (architetti, geometri, ingegneri) per discutere su come organizzarsi e ciò è avvenuto, si badi bene, anche in territori dove insistono parchi nazionali, dando per scontato che nessun comune dirà che c’è incompatibilità ambientale.
La legge regionale nella sua semplicità, però rischia di rilevarsi un gigantesco flop. Oltre ad affidare ai comuni il compito di valutare se l’abuso infrange le regole urbanistiche, ambientali e idrogeologiche, da facoltà ai Consigli Comunali di impedire l’esecuzione di una sentenza penale passata in giudicato.
Un inciampo giuridico mostruoso. Un precedente incredibile che potrebbe passare alla storia.
Ma c’è un altro aspetto che, con un’ulteriore riflessione, emerge dalla lettura dei primi due articoli. Con l’acquisizione degli immobili abusivi, questi passeranno al patrimonio comunale, e i Comuni si troveranno a gestire quindi una gran quantità di immobili costruiti senza il minimo rispetto delle norme di sicurezza strutturali, non antisismici, spesso fatiscenti. Avranno l’obbligo quindi di portarli a norma, con un esborso economico per loro insostenibile e facendo pagare a tutti i cittadini, anche a quelli onesti, a quelli che sono stati danneggiati dall’abusivismo edilizio, l’onere di rendere abitabile la casa di chi ha violato la legge ed è stato perfino condannato a buttar giù la casa. C’è da chiedersi anche se gli occupanti l’immobile pagheranno mai il canone di locazione al Comune dal momento che hanno capito che la casa non verrà mai più demolita.
Siamo di fronte all’ennesima mostruosità legislativa di una classe politica del tutto incapace di gestire il territorio, di far rispettare la legge, di pensare al futuro e non all’immediato, di pensare al bene collettivo e non al singolo soggetto, per di più fuorilegge.
L’auspicio è che le forze politiche, che pure ci sono, contrarie al provvedimento sollevino in sede nazionale l’incostituzionalità del provvedimento. Le Regioni e i Comuni non hanno il potere di impedire l’esecuzione di una condanna definitiva della Magistratura.
E non finisce qui. La legge continua nel disegno devastante del territorio che ha in mente chi l’ha redatta. All’art.4 consente alle imprese manifatturiere, industriali e artigianali che ricadono in comuni privi di strumenti urbanistici comunali di poter ampliare del 60% la propria superficie. In un momento in cui in tutta Italia si discute della drammaticità del problema del consumo di suolo, il legislatore regionale continua ad autorizzarlo imperterrito. Sono fuori dalla realtà, sono fuori dal mondo, sono un pericolo per le generazioni future.
Maurizio Frassinet