BlacksLiveMatter: lo sport americano si ferma
“Abbiamo visto l’orrendo video in cui, nel Wisconsi, nostro stato d’origine, Jacob Blake veniva colpito alla schiena sette volte da un agente di polizia a Kenosha e poi l’ulteriore sparatoria contro i manifestanti. Nonostante l’enorme richiesta di cambiamento, non c’è stata alcuna azione, quindi la nostra attenzione oggi non può essere sul basket. Quando andiamo in campo e rappresentiamo Milwaukee e Wisconsin, ci si aspetta che giochiamo ad alto livello e diamo il massimo impegno sentendoci responsabili a vicenda delle nostre azioni. Ci atteniamo a questo standard e in questo momento chiediamo lo stesso ai nostri legislatori e alle forze dell’ordine. Chiediamo giustizia per Jacob Blake e chiediamo che gli ufficiali colpevoli” di quel gesto “siano ritenuti responsabili…è imperativo che la Legislatura dello Stato del Wisconsin si riunisca nuovamente dopo mesi di inattività e adotti misure significative per affrontare le questioni relative alle responsabilità della polizia, alla brutalità perpetrata e alla riforma della giustizia penale. Incoraggiamo tutti i cittadini a istruirsi, intraprendere azioni pacifiche e responsabili e ricordarsi di votare a novembre“
Parole di una semplicità disarmante. Parole che rappresentano una vera e propria deflagrazione nel mondo del NBA americano e quindi della società americana nel suo complesso. Parole rivoluzionarie. Parole che significano, noi non giochiamo più.
I Milwaukee Bucks dicono basta
Procediamo con ordine. In questi giorni si stavano disputando le fasi finali dell’Nba. Ieri sera era previsto l’incontro tra Milwaukee Bucks ed Orlando. Alle 22 italiane, circa, i giocatori di Milwaukee hanno preso una decisione rivoluzionaria: questa sera non si gioca. Lo hanno fatto scavalcando dirigenti e responsabili di Lega. Hanno chiesto un telefono ed hanno parlato con il procuratore generale del Wisconsin, Josh Kaul, e il governatore dello Stato, Mandela Barnes. Stop. Lo spettacolo non può continuare. Lo hanno fatto senza sapere cosa sarebbe successo: squalifica, multa, partita persa. Lo hanno fatto da uomini prima che da sportivi. Lo hanno fatto perché hanno deciso che la situazione degli afroamericani in America non è più tollerabile e la loro non potevano tirarsi indietro. Lo hanno fatto per le continue violenze mortali della polizia americana. Non potevano far finta di nulla.
Sport e Antirazzismo: le vicende del passato
Fa sorridere oggi chi critica questa decisione dicendo “Sport e Politica sono due cose distinte e separate”. Mi viene da rispondere, distinte e separata come il sugo per la pasta, il sale per il Mare, il Teatro per un tenore. Non sanno forse che questa era la stessa teoria del Presidente del CIO, Comitato Olimpico Internazionale, Avery Brundage, quando rassicurava gli atleti di colore prima delle Olimpiadi del 1936 a Monaco e invitava gli atleti americani a non immischiarsi nella “questione ebraica”.
Molti sociologhi concordano in un assunto: negli Usa non c’è una storia antica, millenaria ( la loro storia tra l’altro inizia con un genocidio) come quella che ha vissuto l’Italia, per esempio. L’epica, dunque, si è sempre spostata nel racconto contemporaneo ed in questo contesto nasce un tipo di narrazione sportiva nella quale l’eroe è proprio l’atleta e l’impresa epica è la performance sportiva. Conseguentemente cambia anche la predisposizione mentale dello sportivo rispetto ai temi sociali. Le parole e le vicende di Muhammed Alì, non potranno mai essere confinate nel recinto della prestazione sportiva, seppur eccelsa. Sono altro. Sono rivoluzionarie tanto quelle di Martin Luter King.
Per gli appassionati di basket, come non citare, tra l’altro l’incredibile storia di Kareem Abdul-Jabbar, che alle Olimpiadi messicane non andò per niente.
Dai Milwaukee Bucks a Naomi Osaka: si ferma lo sport americano
Allora mi vien da dire solo bravi. Complimenti per il coraggio che avete dimostrato. Non è questione di essere miliardari, come alcuni cinici analisti oggi provocatoriamente dicono. Per degli atleti, così vicini ad un traguardo importante, contano in quel momento la fatica fatta per raggiungere l’obiettivo, il sudore, la voglia di vincere. Dire basta, fermarsi e mettersi di traverso, senza sapere cosa sarebbe successo dopo, è un gesto nobile che scuote le coscienze di chi guarda, di chi riflette, delle ragazze e dei ragazzi americani e del mondo intero ( se io dall’altra parte del Pianeta sto scrivendo queste parole).
L’effetto sul mondo dello sport a stelle e strisce è stato quello di un effetto domino. La partita di ieri sera non si è più giocata perché i cestisti di Orlando hanno appoggiato la protesta. A quel punto si sono fermate tutte e tre le partite previste nella giornata. Posticipate a data da destinarsi, con l’ipotesi di una non assegnazione del titolo. A catena, hanno deciso di non scendere in campo giocatori di Baseball, Mlb, e di calcio, Mls.
Ha seguito l’esempio dei colleghi cestisti, anche la tennista Osaka, numero 10 al mondo, impegnata nella semifinale a New York.
“Come molti di voi sapranno, dovevo giocare la mia semifinale domani. Tuttavia, prima che essere un’atleta, sono una donna di colore. E come donna di colore credo che ci siano cose più importanti cui prestare attenzione piuttosto che guardarmi mentre gioco a tennis. Non credo succederà nulla di drastico se non gioco, ma iniziare una conversazione in uno sport principalmente bianco è un passo nella giusta direzione. Guardare il continuo genocidio della gente di colore per mano della polizia mi dà il voltastomaco. Non ne posso più di vedere spuntare un nuovo hashtag ogni giorno e sono stanca di ripetere sempre i soliti discorsi. Quando ne avremo abbastanza?”.
Ben detto Naomi, ne abbiamo, davvero, tutti abbastanza è ora di dire basta e di pretendere un cambiamento drastico ed immediato. Dai Milwaukee Bucks è arrivata una sveglia al mondo
Umberto Zimarri, Udp Green Italia
L’articolo è presente anche sul sito: http://www.umbertozimarri.eu/2020/08/27/blackslivematter-lo-sport-americano-si-ferma/