Rinnovabili, Enel sbarca in Cina: che business e che contraddizioni
Articolo di Francesco Ferrante per Greenreport.it
La notizia è di ieri: Enel firma un accordo con la cinese State Grid Corporation of China, la più grande azienda la mondo di distribuzione e trasmissione elettrica , un colosso con oltre 2,2 milioni di dipendenti. Comprensibile e condivisibile che si pensi a partnership che guardino a est. Ma la cosa che sarebbe persino ‘divertente’ se non svelasse la drammatica incapacità di visione strategica degli attuali vertici della nostra compagnia elettrica è l’oggetto dell’accordo: «smart grid, smart cities, efficienza energetica, riduzione delle emissioni di CO2, sviluppo delle rinnovabili».
Ovvio che i cinesi per il futuro pensino a quel tipo di business. Peccato invece che Enel lo abbia subito in tutti questi anni e che , se non fosse stato, per lo sviluppo impresso nel mondo alle rinnovabili della sua Enel Green Power oggi sarebbe tagliata fuori dal vero business del XXI secolo.
Infatti era su carbone e nucleare che invece il management aveva puntato tutto. Nucleare grazie al cielo spazzato via dal referendum in Italia e rallentato, se non fermato, in tutto il mondo dalle conseguenze dell’incidente di Fukushima. I vertici Enel dovrebbero ringraziare a uno a uno tutti i cittadini che votarono “sì” a referendum del 2011 per avergli evitato il bagno di sangue economico che avrebbe rappresentato l’avventura nuclearista voluta in tandem con Berlusconi.
Ultimamente, forse nell’imminenza delle nuove nomine, Enel ha provato a distinguersi lanciando iniziative e proposte sull’efficienza e su trasporto elettrico. A noi sembra evidentemente troppo tardi. Si parla molto di nomi n questi giorni. E’ evidente la necessita di rinnovamento, cambiamento, “rottamazione” direbbe il premier. Ma il giudizio sui nuovi vertici delle nostre aziende energetiche (Enel, ma anche Eni) non potrà che basarsi sul profilo di innovazione che quei nomi saranno in grado di suggerire per cultura, competenze, esperienze e visione.
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