Elezioni europee: Renzi, Schulz e la differenza fra le parole e i fatti

Articolo di Monica Frassoni su Huffington Post

In ogni campagna elettorale c’è una dose di propaganda e d’imbroglio che è probabilmente inevitabile. Questo è particolarmente vero per le elezioni europee, per le quali in realtà ogni (o quasi) partito e leader può tranquillamente dire una cosa a casa sua e, poi, qualcosa di totalmente diverso in giro per l’Europa. Così, mentre a casa propria Renzi e compagni strepitano che bisogna uscire dall’austerità “uber alles” e il candidato socialista Martin Schulz se ne va in giro a spese del Parlamento Europeo a portare il verbo dell’Europa “diversa” che verrà, a Bruxelles le cose sono molto diverse.

Come annunciato per mezzo di un comunicato stampa, i Presidenti del gruppo del PPE, il francese Joseph Daul, del Gruppo del PSE, l’austriaco Hannes Swoboda, e del gruppo liberale, il belga Guy Verhoefstad, hanno sottoscritto un inusuale patto, nel quale si dice che gli esponenti di questi tre gruppi terranno consultazioni immediatamente dopo le elezioni, per mettersi d’accordo su chi sarà il prossimo Presidente della Commissione. In soldoni, significa che se il PSE avrà qualche deputato in più verrà proposto Schulz, se il PPE avrà qualche deputato in più verrà proposto Juncker e comunque Verhoefstad potrà ambire a qualche strapontino. Nel quadro, s’intende, di un accordo di larghe intese fra progressisti e (?) e conservatori.

Con questa dichiarazione, è più che evidente che, senza alcun rispetto per la volontà degli elettori e ancora meno per i loro stessi programmi, i Socialisti europei rinunciano alla possibilità di un’alleanza diversa che possa davvero cambiare l’attuale inefficace ed impopolarissima politica europea. Le larghe intese sono la migliore garanzia della spartizione di posti e potere al PE e alla Commissione e di comode maggioranze sui temi più importanti. Del resto, in questa legislatura è stato cosi anche per il bilancio comunitario, la politica agricola, per la democrazia ed i diritti dentro e fuori l’UE e, in parte, anche per la finanza e l’economia. Peraltro, è bene notare che, nonostante si sia cercato di diffondere l’idea che tutti vogliono un reale dibattito politico a partire da una politicizzazione della competizione fra diverse opzioni sull’Europa che verrà, in realtà siamo di fronte a un tentativo di “pre-decidere” tutto alla faccia del plurale dibattito aperto e delle diverse posizioni che ognuno rappresenta. Questa indifferenza al merito e alla qualità del dibattito in questo periodo di totale disaffezione verso l’UE è deleteria ed ipocrita e come tale deve essere denunciata. Soprattutto tenendo conto del fatto che Joseph Daul, il Presidente del PPE, ha appena lodato l’operato di Viktor Urban, che sta trasformando l’Ungheria in un sistema chiuso e autoritario sotto gli occhi indifferenti della Commissione e del Consiglio. Come è deleterio e ipocrita il fatto che varie televisioni nazionali si stiano attrezzando per organizzare e trasmettere dibattiti non tra i 5 candidati alla Presidenza della Commissione finora conosciuti, ma solo tra i due principali. Anche su queste cose ci deve essere un’adeguata informazione per permettere ai cittadini di usare questo periodo di campagna elettorale per chiedere conto ai candidati e candidate su quello che andranno a fare a Bruxelles.

Comunque non è tutto perduto: sarà la matematica a decidere. Tutto dipenderà dai numeri e da chi sarà eletto. L’unico modo di abbattere le piccole intese fra amici, che rafforzano i Salvini, Grillo e Le Pen vari, è alla fine quello che ci hanno insegnato gli ateniesi: usare per bene il proprio voto. Perché una cosa è certa: se le grandi intese governeranno il Parlamento e la Commissione nei prossimi 5 anni, le speranze di uscire dall’austerità e rilanciare il progetto europeo saranno praticamente nulle.