Vogliamo un governo ecologista? Ecco le leggi da votare subito per lottare contro il cambiamento climatico

 

Linkiesta di Rossella Muroni 20 agosto 2019

Per affrontare la crisi climatica si dovrebbe iniziare costruendo una Legge di Bilancio innovativa che punti al concetto di “chi più inquina più paga”. Secondo Legambiente queste misure coraggiose potrebbero fruttare 2 miliardi allo Stato ogni anno

Al di là di come andrà a finire la crisi più pazza e strana (…e al sapore di moijto) della Repubblica italiana, in questi giorni da più parti è venuto l’appello a comporre un Governo ambientalista che finalmente metta al centro la crisi climatica come vera emergenza sociale ed economica. Per comporre un Governo così, e verificare esista una maggioranza che dovrebbe sostenerlo, basta mettere in fila una serie di misure necessarie e non più rinviabili. Noi ecologisti le chiediamo da anni. Temi che raramente hanno trovato spazio nei media, quasi mai nei discorsi politici, nonostante cresca sempre di più nel Paese l’attenzione e la sensibilità dei cittadini.

Per affrontare la crisi climatica si dovrebbe iniziare costruendo una Legge di Bilancio innovativa, che investa almeno quattro ambiti. Primo: quello delle concessioni; nella gestione di autostrade e aeroporti, di cave e acque minerali occorre ristabilire regole che garantiscano una corretta gestione di beni pubblici come, purtroppo, oggi non avviene, anche per rendere possibile recuperare risorse per centinaia di milioni di euro all’anno. Poi, occorrerebbe intervenire sulle esenzioni dalle tasse per centinaia di milioni di euro che attualmente premiano le fonti fossili, spostando la fiscalità in favore delle fonti con minori impatti ambientali e l’innovazione; allo stesso tempo eliminare le barriere che limitano rinnovabili e mobilità sostenibile. Il terzo punto, che si addice a una Legge di Bilancio ambientalista, dovrebbe riguardare l’economia circolare e le filiere locali di qualità, ridisegnando le aliquote Iva e differenziando i diversi beni sulla base dell’impatto ambientale e sociale dei prodotti per premiare innovazione ambientale e efficienza, i territori e il Made in Italy. Sarebbe anche necessario lanciare un Piano di investimenti pubblici utili, ormai fondamentali: al suo interno sono urgenti interventi capaci di riqualificazione degli edifici e di recupero delle periferie urbane, delle scuole, di creazione di servizi (nuove linee metro e tram, piste ciclabili), di adattamento delle città ai cambiamenti climatici, di risolvere i problemi di acquedotti e depuratori, i ritardi delle bonifiche delle aree inquinate, e procedere con la demolizione degli edifici abusivi.

Questi gli assi portanti di una Legge di Bilancio che non soltanto recupera risorse ma stabilisce finalmente il principio del “chi più inquina più paga”. Queste proposte permetterebbero di rilanciare la domanda interna, quella che più ha sofferto questi anni di crisi; inoltre aiuterebbero gli investimenti, l’innovazione e la ricerca, fondamentali per rafforzare la propensione all’export delle imprese. Sono proprio le imprese che hanno puntato sulla sostenibilità ambientale, in particolare nel settore manifatturiero e nell’agroalimentare di qualità, le vere protagoniste della nuova economia italiana. La sfida di oggi consiste infatti nell’accompagnare il tessuto imprenditoriale italiano lungo la strada dell’economia circolare e della decarbonizzazione. Oggi ritenute non più ricette “semplicemente” ambientaliste ma obiettivi delle politiche europee al 2030.

Insomma bisognerebbe avere un Governo coraggioso pronto a cancellare rendite e privilegi.Legambiente ha calcolato che questo tipo di misure ‘coraggiose’ potrebbe fruttare quasi 2 miliardi di euro all’anno. Tradotto bisognerebbe per esempio stabilire un canone minimo in tutta Italia per l’attività estrattiva, eliminare tutte le esenzioni dalle royalties sulle trivellazioni, penalizzare lo smaltimento in discarica per favorire il riciclo, adeguare i canoni per le concessioni balneari e quelli per il prelievo di acque minerali. Servirebbe un Piano industriale che accompagni il Paese verso un modello di economia circolare incentrato su un uso efficiente delle risorse naturali. Poi, si dovrebbe favorire la transizione verso un sistema di trasporto sostenibile e di mobilità elettrica alimentato dal trasferimento del 50% degli investimenti in infrastrutture per le città, e non pensare a scavare un buco in una montagna pronto nel 2035 (leggasi TAV in Val Susa). E guardare, come è giusto che sia, alla produzione agricola come uno degli ambiti più importanti per affrontare i mutamenti climatici favorendo uno sviluppo della filiera agricola, biologica e delle buone pratiche (in proposito c’è una legge ferma al Senato, perché non approvarla rapidamente?).

E ancora un Governo anti-emergenza climatica dovrebbe incentivare l’occupazione giovanile attraverso l’introduzione, per cinque anni, di incentivi e agevolazioni fiscali per le imprese che assumono a tempo indeterminato giovani nei settori della protezione del territorio e prevenzione del rischio idrogeologico e sismico; della ricerca e sviluppo e produzioni di biocarburanti di seconda e terza generazione; e di produzioni e istallazione di tecnologie nel solare, nelle biomasse, e nella geotermia. Un Governo, nato nel segno dell’ambiente, dovrebbe sollecitare in Europa l’adozione di una carbon tax comunitaria da applicare a determinati settori e di una tassazione sul carburante degli aerei (così come già deciso dalla Francia). E infine non dovrebbe aver paura di fare i conti con una presenza ingombrante; è infatti arrivata l’ora di sollecitare l’ENI ad avviare una strategia di diversificazione investendo con decisione nelle rinnovabili, in modo da ridurre i rischi e contemporaneamente aprirsi a nuove aree di mercato. Ora, se esista in Italia una maggioranza in grado di approvare queste misure, è da vedere. Finora non c’è stata. E io, guardando ai bisogni del presente ma anche alle necessità che già si cominciano a intravedere all’orizzonte, ripartirei da qui; perché sciogliere questi nodi significa contemporaneamente risolvere la crisi politica in cui ci ora ritroviamo e offrire al Paese un’opportunità di futuro.