Una sinistra diversa? “Possibile”
Articolo di Roberto Della Seta e Francesco Ferrante su Huffington Post –
Siamo due vecchi ecologisti. Siamo così vecchi da avere conosciuto (da dentro) sia il Pd prima di Renzi sia la sinistra prima del Pd. Il Pd di Renzi, quello prima di Renzi, la sinistra prima del Pd hanno un sacco di cose in comune, soprattutto se si parla di ecologia. Per esempio, a Taranto quasi tutti loro sono sempre stati dalla parte dei padroni dell’Ilva, contro i lavoratori dell’Ilva e contro il popolo inquinato della città.
Per esempio, quando Berlusconi cercò di fare il nucleare molta sinistra italiana, compresi esponenti importanti dell’attuale Sinistra Italiana (quella con le iniziali maiuscole), disse che se ne poteva parlare, e se non ci fossero stati Fukushima e poi il referendum molti di loro sarebbero stati contenti.
Per esempio, da almeno 30 anni la sinistra italiana dove ha governato città e regioni ha servito più gli interessi della grande rendita fondiaria che non l’esigenza di curare il territorio limitando il consumo di suolo ed evitando di costruire dove non si dovrebbe.
Per esempio, dopo il terremoto dell’Aquila la sinistra locale e nazionale ha accettato la vergogna delle “new town” berlusconiane che non hanno dato risposte vere a chi aveva perso la casa e hanno condannato a morte uno dei centri storici più belli d’Italia.
Questa sinistra ha sempre considerato l’ecologia come un lusso da ricchi, e continua a considerarla così. Non vede che oggi l’ecologia non solo è necessaria per fermare danni planetari, primo fra tutti i cambiamenti climatici, ma è anche uno dei pochi terreni su cui un Paese come il nostro può costruire nuovo lavoro, economia forte e duratura, più benessere sociale.
Ecco, parte da qui la proposta di noi di “Possibile” in vista delle prossime elezioni, discussa nei giorni scorsi in una grande assemblea tenuta a Roma: parte dall’ambizione di unire tutte le forze, tutte le persone convinte che per costruire una sinistra credibile e contemporanea serva un’ambizione molto più grande che sconfiggere il cosiddetto “renzismo”.
Anche perché per sconfiggere il renzismo probabilmente basta Renzi. La sfida non è chiudere la parentesi Renzi, ma aprire una pagina nuova rispetto alla storia, pure gloriosa, della sinistra italiana.
Abbiamo detto noi di “Possibile” perché il movimento politico di cui facciamo parte, “Green Italia”, è impegnato con quello fondato da Pippo Civati sulla stessa strada: costruire un’offerta politica basata sull’idea che l’ecologia è una parte decisiva delle scelte per uscire dalla crisi, per abbattere il 40% di disoccupazione giovanile, per creare valore sia sociale che economico.
Siamo due vecchi ecologisti, ma non siamo mai stati nei Verdi italiani. Potremmo cavarcela spiegando questa scelta con ragioni “di contesto”: i limiti vistosi, culturali e di leadership, del partito italiano dei Verdi, che l’hanno condannato a un precocissimo declino e hanno fatto dell’Italia l’unico grande Paese europeo senza una solida presenza ecologista in politica.
Potremmo cavarcela così, ma questo è solo un pezzo della verità. L’altro pezzo è che abbiamo sbagliato noi: abbiamo sbagliato a illuderci che l’ecologia potesse diventare uno dei temi fondanti dell’azione dei grandi e tradizionali partiti di centrosinistra – prima i Ds, poi il Pd – e a sottovalutare la capacità di cambiamento che può venire da minoranze attive e combattive. Forse, allora, è arrivato il tempo di dire, di dirci che le minoranze possono cambiare il mondo e sicuramente l’Italia.
Dai diritti civili ai diritti sociali, è già successo più di una volta. E se l’Europa, con tutti i suoi macroscopici difetti, si è data regole e comportamenti all’avanguardia in fatto di politiche ambientali, il merito principale è proprio dei Verdi europei: una minoranza che ha cambiato in meglio la nostra vita più di tante maggioranze.
Certo, sappiamo che in Italia come dappertutto gli ecologisti prima o poi devono scegliere con chi allearsi.
E sappiamo che il campo naturale dove gli ecologisti italiani dovranno allearsi in futuro sarà quello del centrosinistra. Ma oggi, oggi che gli ecologisti italiani devono riconquistarsi un posto nella politica e oggi che in Italia il centrosinistra è poco più di un’astrazione, oggi la cosa più urgente e utile da fare è offrire agli italiani una voce chiara, autonoma: che sull’ambiente, e partendo dall’ambiente sui diritti, sull’economia, sul welfare rappresenti un’alternativa concreta ai discorsi pubblici di tutti gli altri.
Dicevamo dell’Europa. Bene: se “Possibile” è il partito dell’ecologia che si fa economia, politica, riforma sociale, allora in Europa c’è un solo luogo dove “Possibile” può stare a proprio agio. Questo luogo sono i Verdi europei: i soli che non hanno mai fatto parte delle larghe intese che dai socialisti ai popolari ai liberali governano a Bruxelles come a Roma, a Parigi come a Berlino; i soli che non hanno mai smesso di considerare l’Europa come un destino irrinunciabile.
L’Europa attuale non funziona, ma resta una conquista rivoluzionaria. Fra qualche settimana saranno sessant’anni dai trattati di Roma che hanno segnato l’inizio dell’integrazione europea: sessant’anni in cui i Paesi dell’Unione europea hanno vissuto in pace tra loro, in cui si sono dati la legislazione sociale e ambientale più avanzata del mondo, in cui hanno quasi eliminato le loro frontiere interne.
L’Europa attuale non ci piace, la vogliamo molto più democratica, molto più aperta verso il mondo e in primo luogo verso i migranti, più attenta al benessere dei suoi cittadini che ai decimali di deficit o di Pil. Però a noi piace ancora meno qualunque tentazione di tornare alle sovranità nazionali: tentazione che non è solo delle destre nazionaliste, ma ormai anche di una parte delle sinistre cosiddette radicali da Fassina a Melanchon.
Ecco, anche su questo i Verdi europei, e in Italia “Possibile”, sono la sola voce alternativa sia alle larghe intese conservatrici che a qualunque idea “sovranista”. E questa è una ragione in più per credere che anche in Italia una diversa sinistra è “Possibile”.