Strategia energetica, anche nel governo il buonsenso si fa strada
Articolo di Francesco Ferrante su La Stampa – Tuttogreen –
Il direttore di Greenpeace salutò l’Accordo di Parigi su cambiamenti climatici esultando “abbiamo messo i fossili dalla parte sbagliata della Storia”. Dopo un anno e mezzo si accumulano gli indizi che ci fanno pensare che quella esultanza non fosse poi così improvvida. È vero, in USA hanno eletto il negazionista Trump che continua a minacciare il ritiro del suo Paese da quegli accordi, ma non sembra che questo abbia modificato alcuna delle tendenze globali in atto.
La Cina aumenta suoi investimenti in rinnovabili (solo nei primi tre mesi di quest’anno la potenza fotovoltaica istallata è aumentata dell’80%), a Marrakech – dove l’anno scorso si svolse la COP22 proprio all’indomani dell’e-lezione del Presidente USA – tutti i Paesi confermarono gli impegni di riduzione delle emissioni. E se purtroppo i documenti finali – peraltro da sempre di utilità assai dubbia – delle riunioni di G7 e G20 da allora non fanno più riferimento a “finanza per il clima” per il veto americano, sono proprio i Cinesi a utilizzare le risorse per combattere i cambiamenti climatici anche per alimentare la propria politica estera “espansionista”.
Si moltiplicano intanto in tutto il mondo le aste che le rinnovabili (fotovoltaico ma anche eolico) si aggiudicano battendo carbone e gas offrendo prezzi più bassi. E persino se guardiamo in casa no-stra, in un Paese in cui la classe dirigente e la politica sono storicamente piuttosto sordi alle istanze della innovazione e della Green Economy si moltiplicano i segnali che ci dicono irreversibile la rivoluzione energetica in atto. Intanto i dati: lo scorso anno la produzione interna di idrocarburi é crollata ( gas – 15% ; petrolio addirittura -30%), come é noto abbiamo il record mondiale di fotovoltaico nel mix elettrico (8%) e le rinnovabili in complesso sono vicine al 40% della produzione totale.
Insomma i trend economici parlano chiaro: nonostante gli ostacoli che la politica continua a mettere e che negli ultimi anni hanno fermato lo sviluppo di nuovi impianti da fonti rinnovabili tanto da spingere le nostre stesse aziende ad andare a lavorare all’estero. Molto significativo anche che dopo anni di campagne degli ambientalisti nei giorni scorsi addirittura Davide Tabarelli di Nomisma, forse il più accreditato tra i sostenitori delle lobby fossili, ha conteggiato i sussidi di cui godono le fonti fossili (gliene deve sfuggire ancora qualcuno visto che ne calcola 6/7 contro i 16 dichiarati dal Mini-stero dell’Ambiente).
E infine la forza delle cose inizia finalmente a farsi strada addirittura nei documenti governativi. La settimana scorsa infatti i Ministri Calenda e Galletti hanno presentato le slides (che ci volete fare, adesso va di moda così) che anticipano la nuova Strategia Energetica Nazionale che sarà posta in consultazione nei prossimi giorni. E per la prima volta in quella presentazione si parla di comunità energetiche (come in Europa), di promozione dell’autoproduzione di rinnovabili, si esplicita quale obiettivo prioritario la riduzione delle emissioni di gas di serra per combattere i cambiamenti climatici, insomma rispetto a quella di Passera del 2012 enormi passi avanti.
Una cosa “contemporanea”. Per la politica italiana una novità. Certo restano ombre: manca ancora un qualche riferimento a un obiettivo a più lunga scadenza (il 2050) che invece sarebbe utilissimo per indicare la meta della decarbonizzazione (non a caso in Germania si prevede l’80% delle rinnovabili a quella data); c’è troppa prudenza anche negli obiettivi al 2030 (nel mix elettrico non si pre-vede di superare il 50% come sarebbe invece auspicabile e fattibile); sui trasporti c’evidente sotto-valutazione di quella che sarà la rivoluzione elettrica e si ignora completamente il tema più generale della mobilità sostenibile; al contrario c’è sopravvalutazione del ruolo futuro del gas fino a ipotizzare addirittura la realizzazione di nuove centrali (sic!) nonostante evidente overcapacity del nostro Paese.
Inoltre restano legittimi i dubbi di chi vede le contraddizioni tra quelle slides “progressive” e il com-portamento concreto del Governo che in Parlamento dà parere contrario alle proposte che renderebbero più agevole l’autoproduzione da rinnovabili o a quelle (persino se vengono dal partito di maggioranza) che migliorerebbero la praticabilità dell’ecobonus in edilizia.
Ma insomma, sembra che la forza delle cose si affermi almeno nelle dichiarazioni: per una classe dirigente che qualche anno fa voleva il nucleare e che ancora più di recente voleva “sbloccare” l’Italia con le trivelle non si può negare il passo avanti. Ovviamente le forze dell’innovazione dovranno combattere molto per affermarsi sui vecchi poteri, ma forse sta tornando finalmente d’attualità un vecchio titolo di Bob Dylan: The times they are a-changin’.