Sinistra e ambiente, i tre passi indietro del Pd

Articolo di Roberto Della Seta sul Manifesto –

La necessità di rimanere legata al paradigma dell’equità ma senza mai perdere di vista il futuro è sempre stata una sfida temibile per la sinistra: ogni volta che ha trascurato uno dei due “fronti, ha rischiato di perdere se stessa. Oggi è una sfida tanto particolarmente ardua per la sinistra europea, che deve abituarsi a un mondo nel quale l’Europa per la prima volta da millenni non è più “dominus” ed è perciò esposta più di tutti ai contraccolpi sociali della globalizzazione.

Più ancora che nel resto d’Europa, in Italia la sinistra riformista, dunque in primo luogo il Partito democratico con il jobs act ha introiettato l’idea che la via obbligata per combattere con efficacia la disoccupazione sia attuare forme di scambio, di uno scambio obiettivamente antiegualitario, tra incentivi dello Stato alle imprese perché assumano, diano lavoro, e riduzione delle garanzie e tutele per chi lavora.

Ancora: sul tema dell’accoglienza di rifugiati e migranti in genere ha adottato linguaggi e talvolta compiuto scelte (l’attacco alle Ong umanitarie; la rinuncia alla legge che riconosce il diritto di cittadinanza ai figli di immigrati nati e cresciuti in Italia) che rincorrono l’argomento tipicamente leghista del “padroni a casa nostra”.

Ma l’esempio che forse meglio di tutti misura questa crisi profondissima della sinistra italiana, questo suo ritardo rispetto alle pure affaticate sinistre europee, riguarda l’ambiente, tema sul quale il Pd “dopo Renzi” ha agito in perfetta continuità con quello “avanti Renzi” e anzi se possibile ha fatto ulteriori passi indietro. Il Partito democratico non ha mai mostrato di credere che mettere l’ambiente al centro della politica sia un atto necessario e urgente di equità e di modernità: una scelta etica nell’interesse delle generazioni future, una scelta socialmente dovuta perché le prime vittime del degrado ambientale – dagli uragani americani al territorio malgovernato d’Italia – sono i più poveri e i più deboli, una scelta di governo indispensabile per fermare grandi rischi globali – i cambiamenti climatici legati all’uso di energie fossili, che ormai colpiscono e uccidono a ogni latitudine – e grandi arretratezze tutte italiane a cominciare dal far west urbanistico che dura da decenni e che moltiplica la fragilità del nostro suolo e l’insicurezza abitativa per milioni di persone.

Tanto meno ha capito, il Pd, che puntare sull’ambiente è anche, per noi italiani ed europei, una scelta di sano egoismo, che può consentirci di restare protagonisti in un’economia globale nella quale il criterio della sostenibilità ambientale – energie rinnovabili, chimica verde, mobilità elettrica, economia circolare, riduzione del consumo di suolo… – conta e conterà sempre di più sul piano tecnologico come su quello degli orientamenti del mercato.

Invece nell’era Renzi sono arrivati il via libera alle trivellazioni petrolifere in mare (bocciato nel referendum dell’aprile 2016 da oltre 13 milioni di italiani, in maggioranza elettori di centrosinistra), le norme che intervenendo retroattivamente sugli incentivi alla produzione di energia “pulita” hanno provocato il collasso di centinaia di aziende “green” e fatto perdere migliaia di posti di lavoro, recentemente il varo di leggi regionali (nella Campania di De Luca) e il sostegno a leggi nazionali (il ddl Falanga) che occhieggiano all’abusivismo edilizio…

Equità e futuro sono i grandi assenti nell’agenda odierna della sinistra italiana raccolta nel Pd: assenti al punto da lasciare sguarnito come mai nella storia dell’Italia repubblicana il campo progressista.

Quanto alla sinistra cosiddetta radicale, a unirla e definirla sembra soprattutto l’ostilità a Renzi, mentre fatica terribilmente ad aggiornare al tempo presente la propria idea di equità e a misurarsi credibilmente con le sfide inedite del futuro.

Il vuoto lasciato da questa doppia inadeguatezza è sconfinato: così largo e profondo che a meno di novità imprevedibili le prossime elezioni politiche saranno le prime in settant’anni con la sinistra ridotta a un ruolo da comparsa.