Se non ora, quando?

di Rossella Muroni, ecologista di Green Italia e deputata di LeU
rinnovabili.it

Il vertice Onu sul clima di Madrid (COP25) si è chiuso con un nulla di fatto. Un fallimento arrivato nonostante la mobilitazione di milioni di giovani nel mondo, l’urgenza di azioni radicali e rapide urlata dalla scienza e la speranza suscitata dal Green deal annunciato dalla Commissione Europea. Il vertice Onu sul clima è stato incapace di trovare un minimo comune denominatore tra i Paesi riuniti in Spagna per completare il ‘libro delle regole’ dell’Accordo di Parigi. Nessuna intesa ma solo un rinvio sull’articolo 6 relativo alla regolazione globale del mercato del carbonio, non ci sono decisioni ma la richiesta alle parti di aumentare la loro ambizione climatica in materia di riduzione delle emissioni nel 2020. Nonostante la voglia di protagonismo l’Europa non è riuscita a coagulare consensi e a portare su posizioni più avanzate Paesi importanti quali il Brasile, la Cina, l’India e l’Australia. Dal dicembre 2015 a Parigi sembra passata un’era geologica, e non soltanto per gli Usa di Trump.

Ma se questo è il risultato e se molte delle scelte che avrebbero dovuto essere prese a Madrid sono rimandate agli appuntamenti del 2020, l’urgenza climatica non ammette rinvii. Bisogna passare rapidamente a quelle azioni radicali suggerite dagli scienziati dell’IPCC e arrivare preparati al COP26 di Glasgow. Se ambizione e urgenza erano le parole d’ordine con cui si era aperto il vertice di Madrid, sono ora una scottante eredità per il 2020. L’Italia e l’Europa devono alzare i loro target di riduzione delle emissioni al 2030 e ritrovare un protagonismo forte nella sfida del clima. E come suggerisce Legambiente devono farlo in fretta, per arrivare al vertice Ue-Cina del prossimo settembre con una proposta avanzata e coraggiosa, capace di spingere la Cina verso una maggiore ambizione. Perché come ci hanno dimostrato i giorni di Madrid il Green Deal europeo da solo non basta.

Il nostro Paese, come nazione ospite dalla pre-COP e della Youth-COP, deve dare il buon esempio e rivedere al rialzo il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) in coerenza con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, andare quindi ben oltre il 55% di riduzione delle emissioni al 2030 e accelerare la transizione energetica. È proprio quanto prevede la mozione di maggioranza a mia prima firma passata alla Camera. L’atto, che è stato sottoscritto da colleghi di tutti i gruppi di maggioranza, impegna il governo a dichiarare l’Italia in emergenza climatica e ad affrontare la situazione misure adeguate, definendo di fatto una road-map per il clima da realizzare nei prossimi mesi ed anni. È dall’ambiente che dobbiamo ripartire e l’azione decisa sul clima dovrà orientare la revisione dell’agenda di governo annunciata dal premier Conte per gennaio.

Peraltro anche nel nostro Paese sono sempre più evidenti gli effetti dei mutamenti climatici in atto. Non parlo solo dei ghiacciai che si sciolgono, delle alluvioni, delle bombe d’acqua, della siccità, delle trombe d’aria o dell’acqua granda di Venezia. Ma dei costi economici e sociali della febbre del pianeta. In numeri il Germanwatch calcola che dal 1999 al 2018 l’Italia ha avuto quasi ventimila morti e perdite economica di quasi 33 miliardi di dollari riconducibili ad eventi meteo estremi. Non possiamo continuare a rimandare interventi concreti e coraggiosi. Oltre ad essere necessario, rispondere alla sfida del clima ci permetterà di dare corpo a una nuova economia sostenibile ed equa, di risolvere allo stesso tempo le crisi ambientale, economica e sociale. E affrontare la crisi climatica è quanto ci chiedono i tantissimi giovani che scendono in piazza con Fridays For Future.

La mozione impegna inoltre l’esecutivo a tagliare gradualmente i sussidi dannosi per l’ambiente e a realizzare un piano strutturale di messa in sicurezza del territorio, mitigazione del rischio e adattamento al climate-change. L’esecutivo dovrà lavorare anche per l’inserimento del principio dello sviluppo sostenibile in Costituzione e la piena operatività della Cabina di regia Benessere Italia, per accelerare la transizione energetica e ridurre le emissioni di CO2 in tempi più rapidi e certi così da spingere il sistema Italia verso la conversione ecologica. Il governo avrà anche il compito di definire e attuare un programma di investimenti pubblici orientati alla sostenibilità che coinvolga i principali settori produttivi. E dovrà anche sostenere a livello europeo l’obiettivo della carbon neutrality entro il 2050, promuovere l’economia circolare e lavorare per una mobilità e una produzione industriale attente all’ambiente. Insomma per un Green deal capace di garantire più sicurezza ai cittadini e un futuro di benessere al Paese. Se non ora quando?