Se all’italia che frana e va sott’acqua il governo risponde con più cemento e meno regole

Articolo di Roberto Della Seta e Francesco Ferrante su Huffington Post –

Dopo i morti di Refrontolo – ennesima tragedia annunciata frutto molto più del territorio maltrattato che del maltempo -, il Presidente del Veneto Zaia ha evocato il Vajont e da Palazzo Chigi hanno garantito che “adesso si volta pagina”.

Tutto già visto e già sentito. Già viste, ahinoi, centinaia di disgrazie simili a questa: frane e alluvioni (più di 1.500 negli ultimi sessant’anni secondo il “Natural Hazard Earth System Sciences”) alimentate da un uso dissennato del suolo – cemento ovunque, come nel caso del Trevigiano disboscamenti scriteriati per fare posto a sempre nuovi vigneti – che hanno provocato migliaia di morti (più di 5 mila dal 1950).

E sentita, strasentita, ad ogni evento luttuoso, la promessa di ministri e presidenti di regione che “adesso si volta pagina”.

Peccato che proprio qualche ora prima della “bomba d’acqua” di Refrontolo, un altro presidente di regione, Caldoro in Campania, abbia proposto una specie di condono edilizio mascherato per migliaia di case illegali costruite spesso in aree a rischio idrogeologico o vulcanico. E peccato che più o meno contemporaneamente il presidente del consiglio in persona abbia annunciato con tanto di “slides” una presunta svolta nelle politiche urbanistiche e nelle regole per l’edilizia che in realtà perpetua, anzi rischia di aggravare i mali cronici del nostro territorio.

Sulla sanatoria voluta da Caldoro c’è poco da dire: è una vergogna assoluta, bisogna solo sperare che finisca in nulla.

Ma inaccettabile è anche il proposito del governo di rendere molto più semplici, con lo “Sblocca-Italia”, le procedure per chi vuole costruire: altro cemento dunque, un’altra spinta all’Italia del dissesto territoriale.

Il tutto nasce da una premessa totalmente falsa: in Italia l’edilizia è ferma perché le regole sono troppo rigide. Affermazione quasi grottesca: per decenni l’edilizia delle nuove costruzioni, quella legale e quella illegale, ha imperversato allegramente, consumando suolo a ritmi doppi rispetto al resto d’Europa (in Italia, dati Istat, oltre il 7% del territorio è cementificato contro una media europea del 4,3%). Se oggi questa edilizia è in crisi, ciò non dipende da un eccesso di burocrazia ma da un fatto più semplice e banale: sono finiti gli italiani che hanno soldi per comprare nuove case, sono finiti perché c’è la crisi e perché di case da vendere se ne sono costruite troppe.

Nel frattempo, mentre si costruivano case da vendere che a centinaia di migliaia sono tuttora invendute, non si affrontava il vero dramma sociale legato alla casa: che è l’assenza – anche questa un’anomalia rispetto all’Europa – di un’offerta numericamente adeguata di case in affitto a prezzi accessibili per qualche milione di famiglie a basso reddito.

Discorso in parte analogo si può fare per le grandi opere. Matteo Renzi, sempre presentando il programma “Sblocca-Italia”, ha mostrato una cartina di nuove autostrade da realizzare che fa impallidire, quanto a tasso di demagogia e propaganda, l’elenco di grandi opere promesso a suo tempo – anche in quel caso con tanto di mappa colorata – da Berlusconi. Ma l’Italia non ha bisogno di una nuova cascata di autostrade, molte delle quali del tutto inutili (un caso per tutti: l’autostrada tirrenica da Civitavecchia a Livorno; molto più rapido e meno costoso allargare l’Aurelia). Ha bisogno di ferrovie, di manutenzione delle reti primarie (fogne, acquedotti, depuratori…), di trasporto pubblico urbano, di investimenti per rinaturalizzare le sponde cementificate di fiumi e torrenti; misure presoché assenti dallo “Sblocca-Italia”.

La quasi contemporaneità tra il cripto-condono di Caldoro, l’annuncio renziano dello “Sblocca-Italia” e la tragedia di Refrontolo ripropone insomma l’ormai abituale corto circuito tra la condizione di endemico dissesto territoriale che affligge l’Italia – problema drammatico anche sul piano squisitamente economico, perché i disastri continuati hanno un costo elevatissimo per famiglie e imprese – e le risposte che dà la politica. Risposte che troppo spesso sono parte del problema molto più che della soluzione. Renzi vuole rilanciare l’edilizia? Intenzione sacrosanta. Ma allora spinga sulla riqualificazione del patrimonio esistente, sulla manutenzione del territorio, sulla rigenerazione urbana, oppure l’edilizia rimarrà al palo (ripetiamo: se oggi è in crisi è perché nessuno compra più nuove case) e l’Italia finirà sempre più sott’acqua.