Domani ai Fori Imperiali di Roma, chiamati dagli ambientalisti (Legambiente, Wwf, Greenpeace) e dal Kyoto Club, si ritroveranno insieme cittadini e imprese di un’Italia migliore, un’Italia che crede nello sviluppo delle rinnovabili ma che soprattutto vuole disegnare un futuro più pulito e più desiderabile.
Un futuro che ha gettato già un seme importante nel presente: oltre un terzo dell’energia elettrica che produciamo proviene ormai da rinnovabili. La rivoluzione energetica è già in corso e una società fossil free non è più un’utopia, ma un orizzonte possibile e perseguibile. Ovviamente, come sempre i presenza di grandi rivolgimenti, i vecchi poteri si ribellano.
Di qui la campagna mediatica ossessiva contro le rinnovabili, il tentativo di salvare centrali termoelettriche vecchie, obsolete e inquinanti, persino qualche ferrovecchio a olio combustibile, o tentativi fuori tempo – al limite del ridicolo se non fossero tragici – di rilanciare il carbone (a Saline Joniche, a Vado, a Porto Tolle).
In questo quadro si inserisce l’intervista, per alcuni aspetti un po’ patetica a dire il vero, al neo presidente dell’Unione Petrolifera che ha pubblicato oggi il Corriere della Sera. Gilotti parte da un dato di realtà – la crisi in cui versa l’intero settore della raffinazione e il conseguente problema occupazionale, che non va sottovalutato in un Paese come l’Italia che negli anni del boom scelse di caratterizzarsi come vero e proprio hub del petrolio in Europa – ma si ostina a non vedere quale sia il futuro e quindi propone ricette improponibili e da questo punto di vista un po’ patetiche.
Il consumo di petrolio diminuirà in questa parte del mondo: già residuale nel campo della generazione elettrica e del riscaldamento, continua a far la parte de leone nei trasporti, ma anche in quel settore il destino sembra segnato. Forme di mobilità nuova che vanno diffondendosi nelle nostre città , dal car sharing all’uso della bici non solo come svago ma come vero e proprio mezzo di trasporto, e in prospettiva il ricorso all’elettrico, anche in questo settore tracciano uno strada in cui l’utilizzo del petrolio e quindi la necessità di raffinarlo vanno inevitabilmente riducendosi.
Una classe dirigente seria avrebbe dovuto vedere il futuro che si avvicinava già da tempo, ma adesso è paradossale ostinarsi a chiedere “corsie preferenziali” nelle autorizzazioni se non veri e propri sussidi (ancora?!) per il settore dei fossili.
Si cerchino invece rapidamente le soluzioni per riconvertire quelle aree e proporre ai lavoratori altri lavori senza penalizzarne le esperienze e le competenze. Difficile certo, ma non impossibile a patto che si smetta di guardare al passato ma si guardi invece, e con speranza e fiducia, al futuro. Proprio come faremo domani in tanti ai Fori Imperiali.