Referendum #Trivelle, dopo l’affare Guidi ora gli ambientalisti credono al quorum
Le dimissioni del Ministro dello sviluppo Economico Federica Guidi arrivano a 17 giorni esatti dal referendum sulle trivelle. Un regalo insperato per il fronte del Si, che torna a credere al raggiungimento del quorum.
Il fatto clamoroso, infatti, sbatte in prima pagina il Referendum. E il mondo ambientalista non perde tempo e coglie al balzo l’occasione. «Le dimissioni del Ministro Guidi, legate all’inchiesta Tempa Rossa, sono l’occasione per allargare un dibattito serio sul futuro energetico che vogliamo», annuncia Andrea Boraschi, di Greenpeace. E attacca: «Dobbiamo sanzionare la condotta fossile del governo e la sua sudditanza ai gruppi industriali delle energie fossili. Il 17 Aprile votate SI».
Enzo di Salvatore, del comitato NoTriv, vede lontano. «L’indagine su ENI e le dimissioni della Guidi avranno un impatto inevitabile sul referendum. Per chi dice che non c’è un collegamento con il SI, bisogna ricordare che nei sei quesiti iniziali, il quarto si occupava proprio di abrogare le procedure semplificate per le autorizzazioni alle opere strumentali allo sfruttamento degli idrocarburi». E rilancia. «L’affaire Guidi mostra che le ragioni del NO e dell’astensione non sono motivate da perdita dei posti di lavoro o di autosufficienza energetica. Celano una tutela d’interessi economici particolari».
Per Francesco Ferrante, di Green Italia, «lo scandalo svelato dalle intercettazioni telefoniche è solo episodio – un po’ volgare – che conferma l’asservimento del Ministero allo Sviluppo Economico agli interessi forti che in tema di energia sono anche quelli fossili. Sempre la stessa storia: non abbiamo una strategia energetica innovativa ma elargiamo favori ai potenti. Anche per questo è necessario “cambiare verso” per davvero, facendo prevalere al referendum del 17 aprile le ragioni del Si».
Intanto nel governo, che voleva relegare il referendum alle ultime pagine, scatta una sorta di eptacaidecafobia, la paura superstiziosa del numero 17. Se prima era derubricato come problema minore, ora si teme che il voto del 17 aprile possa realmente danneggiare Renzi e l’esecutivo. A meno che, con un colpo di coda di cui Renzi potrebbe essere capace, si nomini un Ministro per lo sviluppo di orientamento green. Sparigliando le carte.
Appuntamento referendario sempre più politicizzato, dunque. «E’ il governo che per primo è intervenuto, invitando all’astensionismo e, di fatto, intervenendo politicamente», attacca Boraschi. «Noi però non vogliamo che il voto sia un giudizio su Presidente del Consiglio o il PD. Bensì sulla necessità di fermarsi e creare una nuova politica di sviluppo energetico».
Si accoda anche Massimo de Rosa, del M5S. «Se il referendum si trasforma un referendum su Renzi sbagliamo direzione. I problemi del governo sono evidenti a prescindere da questo voto. Dobbiamo rimanere concentrati sul futuro che volgiamo per l’Italia per l’energia e fare in modo che se vince il SI, il governo ne prenda coscienza, investendo finalmente in energie rinnovabili e decentrate».
di EMANUELE BOMPAN