Perché il governo regala incentivi i a inceneritori e zuccherifici e punisce le rinnovabili più innovative?
Articolo di Francesco Ferrante su La Stampa.it –
Il 22 giugno prossimo, in preparazione della Conferenza ONU di Parigi del prossimo dicembre, il governo italiano ha convocato gli Stati Generali del Clima. E ne ha affidato il coordinamento a colui che nel governo ha il miglior pedigree ambientalista: Erasmo D’Angelis (il capo della missione sul dissesto idrogeologico insediata a Palazzo Chigi). Bene.
Ma se si vuole evitare il rischio, sempre insito in questi appuntamenti, di un evento con molte, belle, altisonanti dichiarazioni prive di qualsivoglia effetto pratico, bisognerebbe connettersi alle scelte concrete che il governo ha fatto, sta facendo e farà nei prossimi mesi.
E, ahimè, nel campo delle politiche energetiche sono assai lontani gli atti politici del governo Renzi da ciò che davvero servirebbe per affrontare la drammatica crisi ambientale dei cambiamenti climatici in atto (e che peraltro sarebbe utile anche a combattere la crisi economica e occupazionale da cui non siamo affatto usciti).
Ciò che è stato fatto è noto: da una parte l’attacco alle rinnovabili con lo spalmaincentivi – inutile (per l’esiguità e l’irrilevanza dei risparmi ottenuti) e dannoso (per fuga degli investitori conseguente a ogni intervento retroattivo) -, dall’altra il via libera alle trivellazioni oil&gas con il famigerato «SbloccaItalia» in ossequio alle richieste delle multinazionali fossili. Ciò che verrà fatto (il mitico Green Act) è ancora avvolto nel mistero.
Ma ciò che si sta compiendo in questi giorni è davvero assai grave, in sé e per l’approccio politico che rivela e conferma. Da dicembre si attende che il governo emani un decreto sugli incentivi per i nuovi impianti da fonti rinnovabili non fotovoltaiche (in quanto per queste ultime non sono più previsti incentivi, ormai da oltre un anno). Ebbene la proposta che il Ministero dello Sviluppo Economico ha trasmesso ai Ministeri dell’Ambiente e dell’Agricoltura, per poi mandarla in Conferenza Stato Regioni è una tragedia che ostacolerebbe ogni sviluppo delle rinnovabili ed è, per di più, infarcita dei soliti regali alle solite lobby con punte quasi farsesche se non fossero drammatiche.
C’è una chiara e dichiarata volontà punitiva contro le rinnovabili “vere”, soprattutto se piccole, e per esempio si propone un taglio sino al 40% per il mini eolico – settore nella quale si stava finalmente sviluppando una filiera tutta “Made in Italy – e ci si dimentica della geotermia a bassa entalpia (che grazie all’innovazione tecnologica sarebbe in grado di sfruttare piccoli salti di temperatura in impianti quasi “casalinghi” da 200 kW); si azzera ogni possibilità di vedere anche in questo Paese qualche impianto eolico offshore ; si mettono bastoni tra le ruote a tecnologie sperimentali e dense di futuro quali la geotermia a ciclo binario e a emissioni zero, e il solare termodinamico (anche quello un brevetto italiano); si tagliano biogas e biomasse.
Potremmo continuare con l’elenco degli ostacoli, ma forse spiega meglio il senso del decreto andare a vedere cosa si “salva”. Unico settore che non prevede alcun taglio, ma che anzi al contrario si vede riconoscere il livello degli incentivi dell’età dell’oro, sono i 135 MW che si vogliono “regalare” per la riconversione degli ex zuccherifici in impianti a biomasse a filiera lunghissima (magari di importazione da paesi in via di sviluppo)! E l’altro settore che si salva è l’incenerimento dei rifiuti (sic!). Insomma due cose che con le “vere” rinnovabili c’entrano poco.
C’è da domandarsi il perché di questo accanimento contro il futuro. E la risposta è probabilmente nel difficile presente che vivono i fossili sopravvissuti. In questo Paese abbiamo assistito a uno spettacolare aumento delle rinnovabili che non sono più la nicchia, dove le si voleva confinare, perché oggi contribuiscono con oltre il 40% alla produzione nazionale di elettricità. E con questa esplosione si sta modificando in maniera radicale il modo stesso di generarla: nel 2013 si contavano 584.567 impianti di “piccola generazione”, cioè sotto al MW, per 16.612 MW di potenza e una produzione lorda di 26,2 TWh: circa il 9% del dato nazionale. Si tratta di energia quasi completamente rinnovabile – per il 98,4% della produzione e il 99,8% degli impianti. In totale la produzione lorda di energia elettrica da generazione distribuita (intesa come tutti gli impianti allacciati alle reti di distribuzione) è stata pari a 63,4 TWh, circa il 21,9% dell’intera produzione nazionale. Si sta quindi cambiando il paradigma energetico su cui si era fondato tutto lo sviluppo dalla rivoluzione industriale in poi: non più grandi centrali termoelettriche alimentate dai fossili ma piccoli impianti da rinnovabili con il conseguente necessario adeguamento della rete che deve diventare rapidamente più smart. Ma contro questa innovazione si battono i “conservatori” di ogni risma e il governo sino adesso ha scelto di sostenere questi “fossili” contro l’innovazione.
Così non si prepara Parigi ma si schiera il nostro Paese nella retroguardia d’Europa. Per questo il 17 giugno, alla vigilia di quegli Stati Generali, che rischiano di diventare inutili, il Coordinamento FREE (Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica) ha convocato un confronto con il governo per ottenere uncambiamento radicale di quel pessimo decreto. Siamo ancora in tempo per invertire rotta e imboccare la strada dell’economia circolare, quella opposta allo SbloccaItalia? Non abbiamo il tempo di rimandare ai posteri la risposta. Tocca a noi hic et nunc.