Per il governo fossile una vittoria di Pirro? Dipenderà da noi

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi commenta a Palazzo Chigi, davanti ai giornalisti, il risultato del referendum sulle trivelle, Roma, 17 aprile 2016. ANSA / GIUSEPPE LAMIArticolo di Monica Frassoni su Huffington Post –

Appena arrivate le prime notizie sui dati dell’affluenza ai seggi, ero ovviamente un po’ delusa, ma anche già proiettata in vista delle prossime tappe della battaglia per un nuovo modello energetico in Italia, che dopo stasera deve continuare più di prima; ma dopo avere ascoltato le dichiarazioni di Matteo Renzi, sono furente. Furente. Perché ho sentito bugie, ipocrisia, e una manipolazione vergognosa dei termini della questione. Io non so voi, ma ancora mi scandalizza che un presidente del Consiglio menta in questo modo cosi spudorato. Soprattutto se è un ragazzo giovane e con fama di “rottamatore” della vecchia politica.

Il governo ha fatto di tutto per fare fallire questo referendum; a tutti piace vincere facile e il governo si è messo nelle condizioni di farlo. Non ha esitato a buttare al vento300 e più milioni di euro per salvare alcune trivelle, che spesso manco sono attive o in regola e ha osato dire che “non si potevano accorpare amministrative e referendum “. Non è cosi, e lo sanno tutti. Accorpare significava raggiungere il quorum e perdere. Ecco perché non lo ha fatto.

Ancora più grave, Renzi ha mentito in modo disdicevole sui posti di lavoro. Nessuno avrebbe perso il posto di lavoro per il referendum, almeno non per anni. Anni nei quali, si sarebbero potuti tranquillamente riconvertire in altri settori, soprattutto se nel frattempo venissero cambiate le politiche energetiche ed economiche del governo e dell’Europa; peraltro il geologo Fabio Giusti che ha esperienza diretta di lavoro sulle piattaforme, parla massimo 200 persone a eventuale e molto progressivo rischio e le perdite nel settore petrolifero e delle estrazioni non dipendono certo dai governi che le bloccano, ma dal fatto che si tratta di un settore economico destinato a un declino sicuro e ineluttabile. Perché insistere a puntare sul vecchio?

Non è vero neanche che Renzi è attento a ogni singolo posto di lavoro. Non gli interessa un fico secco delle decine di migliaia (più della metà dei 120.000 che esistevano nel 2012) di occupati persi a causa delle politiche demenziali sulle rinnovabili che continuano imperterrite. Non è vero, poi, che siamo tra i primi paesi per le rinnovabili. O meglio, non lo siamo più. Tagli a incentivi indiscriminati e retroattivi hanno messo in ginocchio migliaia di imprese e hanno ridotto gli investimenti al lumicino, rallentando uno sviluppo che poteva essere molto maggiore rispetto alla situazione attuale. E la persecuzione continua, con normative a dir poco punitive, come potete leggere nel bell’articolo di Annalisa Corrado su Sbilinfo. Personalmente, poi, posso portare numerosi esempi su come l’Italia si comporta in sede europea su questi temi, per dimostrare la non credibilità di Renzi quando proclama la sua volontà di essere “verde” e non si cura affatto della stridente contraddizione fra il fatto che il 22 di aprile prossimo l’Italia sarà uno dei paesi firmatari dell’accordo di Parigi sui cambiamenti Climatici, che è basato sulla decisione di uscire dalla dipendenza dei fossili, e il suo sostegno indefesso a un sistema energetico in declino.

La “minaccia” del referendum e la mobilitazione delle regioni ha fatto in modo che una parte molto importante dei disastri dello Sblocca Italia in questo settore siano stati risolti e questo è un risultato molto positivo. Però non dobbiamo fare finta che la partita sul referendum del 17 aprile non fosse truccata fin dall’inizio. Era difficilissimo riuscire a fare andare alle urne il 50% degli elettori. Perché c’è stato pochissimo tempo per davvero parlarne. Perché Tv e radio hanno evitato di dare spazio a un vero dibattito. Perché alcuni presidenti di regione, De Luca in testa, hanno lanciato il sasso e ritirato la mano. Perché chiedere attivamente l’astensione ha significato smobilitare l’elettorato e boicottare la discussione sul merito, riducendola appunto a un dettaglio nella battaglia di potere fra questo e quello e corroborando la tesi bislacca, che ho sentito anche stasera, secondo la quale questo era un tema “lontano” che poteva coinvolgere solo le regioni interessante alle trivelle. È soprattutto per questo effetto “smontante” che è stato gravissimo che leader politici e istituzionali abbiano irresponsabilmente fomentato il disimpegno. Che i cittadini si possano astenere è sacrosanto. meno che li spingano a farlo esponenti istituzionali di primo piano allo scopo precipuo di fare fallire la consultazione.

In questo contesto, onore e merito a tutti coloro che hanno fatto in quattro e quattr’otto una campagna per dimostrare che le scelte di politica energetica possono e devono diventare parte di un dibattito pubblico, non sono poi cosi incomprensibili e non possono né devono essere riservate a pochi intimi. Non solo i comitati o le associazioni ambientaliste. Ma anche quella parte della politica ecologista che ancora c’è e che con grande difficoltà e poche risorse ha cercato di giocare la partita, da Green Italia ai Verdi. Mi sono piaciuti molto molto meno coloro che hanno usato questa campagna per colpire il governo, peraltro neanche riuscendoci. Sia detto per inciso, per me, al di là del fatto che stavamo dalla stessa parte e con gli argomenti giusti, è sembrato che il Movimento 5 stelle non si sia riuscito a mobilitare il suo elettorato su un tema come quello delle scelte energetiche dell’Italia. Segno che purtroppo non è sull’ambiente, che muove e fa muovere il suo largo consenso. Anche per questo rimango convinta che c’è ancora bisogno di una forte di rappresentanza ecologista in politica.

Adesso, comunque, dobbiamo evitare di lasciare cadere il risultato notevole del referendum: non possiamo permetterci di disperderlo, entrando anche in dialogo con il governo e prendendo in parola (anche se è dura) le dichiarazioni di Renzi a favore di una grande svolta “verde”… Il nostro impegno dovrà essere quello di lavorare insieme a tutte le forze che hanno lavorato a questo risultato per rendere possibile che quei milioni di persone che si sono mobilitate per il Sì lo rimangano per continuare la battaglia per un sistema energetico che esca dai fossili, smetta di massacrare le rinnovabili e di ignorare l’enorme potenziale dell’efficienza energetica in termini di attività economica ed occupazione, oltre che di riduzione delle emissioni e dell’inquinamento.

Dobbiamo fare tesoro di questo voto, più e meglio di quello che abbiamo fatto per nucleare e acqua. E dobbiamo farlo subito. Superando la delusione e l’arrabbiatura per il governo fossile e i suoi corifei.