Lotta a evasione fiscale in Ue: Juncker prenda misure concrete o se ne vada

Articolo di Monica Frassoni su Huffington Post –

I dossier svelati dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij) mostrano il ruolo giocato dal Lussemburgo nel facilitare un’evasione fiscale su larga scala da parte di imprese multinazionali, portando così l’Unione europea ad un momento di svolta. Lux-Leaks rivela i contorni finora in ombra di una guerra fiscale condotta dagli stati membri dell’Unione uno contro l’altro; una guerra i cui unici vincitori sono pochi “privilegiati”, siano essi persone singole o società, mentre a perderci è la stragrande maggioranza dei comuni cittadini.

Nonostante lo sconcerto generale, il fatto che il Lussemburgo abbia fatto della propria “spregiudicatezza” in materia fiscale un vero e proprio business di portata nazionale, non è certo una novità in sé; la notizia sta, invece, nel fatto che adesso si hanno le prove concrete e i nomi e cognomi dei beneficiari. Assieme a Paesi Bassi, Irlanda, Austria, e mettendo a frutto le indicazioni delle grandi società di revisione contabile, il Lussemburgo è parte di quell’ingranaggio di dimensione europea e globale che permette a grandi aziende di evadere i propri obblighi fiscali.

Ovviamente, ciò che rende queste rivelazioni esplosive è che l’architetto del modello lussemburghese abbia da poco assunto l’incarico di presidente della Commissione europea. Gli inviti rivolti a Jean-Claude Juncker a presentare le proprie dimissioni sono comprensibili, ma equivalgono a focalizzarsi su una sola parte del meccanismo, distogliendo l’attenzione dalla necessità di affrontare il problema per intero: l’enorme evasione ed elusione fiscale in tutta Europa.

Per “salvarsi”, Juncker può fare solo una cosa: usare la propria posizione di presidente dell’esecutivo Ue per impegnare l’Europa in un cambiamento di paradigma in materia fiscale. Questa svolta implica un’azione su tre fronti distinti. Il primo passo deve essere l’applicazione della legislazione esistente. La Commissione europea ha già avviato un’indagine sulle “decisioni in materia fiscale” prese nei confronti di diverse società da Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi e Gibilterra, e che sono sospettate di costituire aiuti di stato illegali. Questo esame dovrà essere esteso a tutti gli stati membri dell’Ue interessati da pratiche simili. La nuova commissaria alla concorrenzaMargarethe Vestager deve garantire che questa diventi per l’Europa una priorità assoluta.

Una volta, poi, che questi “accordi fiscali” saranno stati riconosciuti come aiuti di stato, dovrà essere responsabilità degli stati coinvolti recuperare le entrate mancanti. E visto che le implicazioni di queste pratiche coinvolgono tutta l’Ue, sarebbe più che logico che almeno una parte dei ricavi venisse devoluta al piano di investimenti per l’Europa previsto dallo stesso Juncker.

Il secondo fronte riguarda il miglioramento della trasparenza in materia fiscale. A tale fine, una prima misura concreta è estendere alle società multinazionali l’obbligo di pubblicare paese per paese i ricavi e i livelli di tassazione, che oggi riguarda soltanto le banche. Tale scelta renderebbe possibile fare emergere le discrepanze tra fatturato e tasse pagate. Allo stesso modo, un registro pubblico dovrebbe elencare i beneficiari di tutti gli strumenti finanziari poco trasparenti, come i trust. Infine, gli accordi fiscali dovrebbero essere resi pubblici: in questo modo quelli più “stravaganti” diventerebbero politicamente difficili da sostenere. Questi urgenti cambiamenti possono essere introdotti rapidamente, completando direttive in corso come la direttiva antiriciclaggio o modificando quelle già vigenti come la direttiva sulla contabilità.

Il terzo fronte è il più importante, ma anche quello politicamente più complesso: è la graduale armonizzazione della tassazione sulle imprese, con una aliquota minima e un accordo con i paesi terzi per evitare la doppia imposizione fiscale (che preveda tra l’altro lo scambio automatico di informazioni e tasso minimo di ritenuta alla fonte). Finora il processo non è neppure iniziato, perché su questa materia è necessario l’accordo unanime degli stati membri dell’Unione e alcuni di essi sono, come si può capire, indisponibili; però, come per la tassa sulle transazioni finanziarie si può anche procedere con una cooperazione “rafforzata” intorno a progetti di armonizzazione fiscale societaria, partendo con coloro che condividono l’obiettivo.

Infine, il parlamento europeo deve subito istituire una commissione d’inchiesta per esaminare l’intera questione dei meccanismi di elusione fiscale all’interno dei diversi stati membri. Anche questo strumento, già utilizzato in molti casi delicati – dalla “mucca pazza” ai trasferimenti illegali di supposti terroristi a Guantanamo a partire da paesi europei – dovrebbe facilitare il compito della Commissione nella proposta di una normativa avanzata sul tema.

È evidente che la situazione attuale è insostenibile. Ben mille miliardi di euro di entrate annue sono stati sottratti ai bilanci nazionali. Al di là della persona del presidente della Commissione, si tratta di una questione che intacca la credibilità dell’Unione europea in quanto tale: se Juncker non è disposto ad agire rapidamente, se ne deve andare.