Lettera aperta ai presentatori dell’appello per una lista per “Un’altra Europa”
in questi giorni, in vari paesi, tra cui l’Italia, si stanno mettendo le basi per una campagna elettorale europea del tutto diversa dal solito. O cosi almeno ci auguriamo. Come gli altri partiti europei, i Verdi hanno organizzato la selezione dei loro candidati per la corsa alla Presidenza della Commissione, attraverso un processo aperto di selezione, le primarie on-line che si sono concluse ieri.
L’obiettivo di queste nomine è esattamente quello di rendere possibile un reale spazio di dibattito pubblico “europeo” e anche una sana competizione fra le diverse opzioni in campo.
Al di là delle notevoli differenze tra i partiti, si è voluto tentare di uscire dalla spirale negativa che porta i cittadini europei a considerare a torto che l’UE non conta niente e quindi a pensare le elezioni come un semplice referendum “grandeur nature” fra le forze politiche nazionali, da usare per misurare i rapporti di forza interni a ciascun paese. Ma non basta portare i cittadini alle urne il prossimo 25 maggio.
Come ben spiegate nel vostro appello, oggi la priorità è cambiare le politiche europee e cancellare l’austerità “uber alles”; é trovare la strada per rilanciare l’economia attraverso il Green New Deal, ritrovando la passione di un progetto europeo che aiuti e protegga, non punisca i suoi cittadini. Per fare questo, noi pensiamo che sia necessario impedire una riedizione della “grosse Koalition” al Parlamento europeo.
E’ per tutte queste ragioni che riteniamo particolarmente interessante il dibattito che si sta sviluppando in Italia intorno a una lista “Per un’altra Europa” e alla candidatura di Alexis Tsipras alla Commissione europea. Interessante, ma, ci permettiamo di dire, incompleto. Perché l’opzione in campo per un’altra Europa non è solo quella di Tsipras.
Pur se il PE non è un Parlamento nazionale e non ha sempre maggioranze stabili, sui temi economici e sociali, sull’ambiente e l’energia, sui diritti, sull’immigrazione, l’unica chance di un cambio vero è che i tre gruppi progressisti e perfino una parte dei liberali possano strappare la maggioranza ai conservatori e anti-europei: è ovvio che anche la Commissione europea sarà molto diversa a seconda di chi governerà il PE. L’esperienza ci dice che il PSE non avrà altra scelta che fare un accordo con i conservatori, se non troverà, come ormai succede da troppo tempo, i numeri di una maggioranza progressista.
In Italia, la necessità di raccogliere un enorme numero di firme e la quota di sbarramento assurdamente imposta nel 2009 – ma anche e soprattutto l’importanza di coinvolgere e mobilitare davvero e forse per la prima volta quel vasto insieme di “europeisti insubordinati”, movimenti sociali ma anche politici, di cui parla Barbara Spinelli – impongono di andare veramente al di là delle barriere ideologiche della sinistra tradizionale. Ci sembra interessante l’idea di tentare di fare una lista “Per un’altra Europa” intorno a tre temi, che tornano continuamente nei discorsi di tutti: no all’austerità, Green New deal ed Europa Federale. Ci piace che si tenti di coinvolgere anche e soprattutto esponenti della società civile, che siano in grado di accompagnare e sostenere tutte le mille vertenze che dal territorio arrivano a Bruxelles: dal tunnel della Valsusa, all’ILVA o la Terra dei Fuochi. Ma anche chi, come i federalisti, le organizzazioni che si occupano dei diritti dei migranti o dei lavoratori, e con le quali lavoriamo tutti i giorni a Bruxelles, deve trovare più spazio e rappresentanza al Parlamento degli europei. Per queste stesse ragioni non ci è chiaro perché in Italia una lista che sostiene solo Tsipras dovrebbe essere l’opzione appetibile anche per coloro che sono europeisti, progressisti e non sopportano la Troika, ma non sono attratti dalla cultura e dal linguaggio della sinistra antagonista, che è solo una parte, neanche maggioritaria, del vasto fronte degli euro-insubordinati.
Non ci è chiaro il motivo per il quale una lista dal nome ambizioso “Per un’altra Europa” non possa coinvolgere anche coloro che sostengono i candidati verdi o perfino Schulz (o nessuno di loro) e che poi andranno nei gruppi progressisti di appartenenza. Se dobbiamo essere tutti mobilitati per cambiare l’Europa, allora cerchiamo di non perdere nessuno per strada: perché possiamo essere sicuri che in Italia non ci sarà posto per nessun “europeista insubordinato” nelle liste di Grillo, del PDL o della Lega e temiamo che anche nel PD sarà molto difficile trovarne.
I Verdi sono in questo momento il quarto gruppo al PE. Abbiamo certo delle differenze sia rispetto al GUE che rispetto al PSE. E naturalmente anche rispetto ai loro candidati. Non si tratta di una questione di “identità”, ma di politica, che nel gioco delle alleanze parlamentari possono essere composte, soprattutto in prospettiva di battere la destra conservatrice, ma che esistono. Non ci piace di Schulz la sua continua ambiguità rispetto alle politiche di austerità imposte da Barroso, ma soprattutto dalla Merkel. Schulz ha negoziato per la SPD, da Presidente del Parlamento, la parte europea della Grosse Koalition, che non presenta alcuna differenza di rilievo con il programma di Angela Merkel. Quanto al GUE, il suo programma europeo ci pare incompleto, perché non è chiaro o è addirittura contrario alla prospettiva federale e Tsipras sembra parlare solo a una parte d’Europa, accentuando l’idea di una specie di riscossa del “Sud” contro il Nord. Noi pensiamo che la nostra ambizione debba essere sicuramente quella di superare la folle politica dell’austerità. Ma bisogna parlare anche ai tedeschi o olandesi preoccupati di “pagare” troppo; avere un’idea chiara di come rilegittimare il processo d’integrazione europea per tutti; non avere esitazioni sulla necessità di puntare su rinnovabili e efficienza anche se questo vuole dire chiudere miniere di carbone, con buona pace di molti amici del GUE e del PSE. Insomma, noi, come altri, non pensiamo di avere la verità in tasca, ma alcune idee che non sarebbe il caso di escludere a priori dalla discussione, sì!
E’ per questa ragione, anche con l’esperienza delle primarie verdi alle spalle che ci ha portato in molti paesi e ci ha permesso di vedere le differenze, ma anche le enormi possibilità di un progetto per “un’altra Europa” valido per tutte le latitudini, che auspichiamo che ci possa essere un dialogo e una collaborazione più ampia in Italia con voi nelle prossime settimane in vista delle elezioni di maggio, insieme a tutte le forze politiche e sociali che in Italia si richiamano all’ambientalismo e al federalismo europeo.
Jose Bove, deputato europeo e candidato dei Verdi alla Commissione
Monica Frassoni, Presidente dei Verdi europei e promotrice di Green Italia