Intervento a Campo Progressista – Diversa: Una proposta per l’Italia, 12 novembre 2017
Cari amici, caro Giuliano,
vi ringrazio per l’invito a partecipare a questa iniziativa.
Sono molto contenta di essere qui. Come esponente di una famiglia politica europea che vuole lavorare a un progetto positivo, aperto e trasparente, devo dirvi però che non vengo a rappresentare l’appendice verde di uno schieramento fatto di tanti pezzettini, ognuno con la propria etichetta. Né tantomeno sono venuta a prendere parte a una sessione di psicoterapia della sinistra e dei vari gruppi indicati dal sindaco Zedda, o a dirvi cosa penso del PD di Renzi, se non che dal mio osservatorio europeo noto con dolore l’irrilevanza e, nel caso delle politiche energetiche e ambientali, anche la negatività crescente dell’azione italiana in Europa, e questo a un livello tale da non potersi spiegare se non attraverso masochismo, colpevole eco-indifferenza, sottomissione agli interessi fossili.
Peraltro, nel dibattito politico italiano la questione dell‘Europa non viene vista per quello che è, ossia una grandissima partita di potere, di valori e di democrazia da giocare con idee e capacità di creare legami e alleanze, bensì come una battaglia di piccolo cabotaggio per ottenere sconti, oppure come un festival di chiacchiere finalizzate a illudere che si può fare tabula rasa di tutto.
Io penso che il tema pur importante del rapporto con il PD e delle alleanze non possa continuare ad essere l’unico centro della discussione – come lo è da mesi – per noi e per tutti quelli che vedono l’urgenza di mobilitarsi e coalizzarsi su temi concreti per lanciarsi nella battaglia elettorale. Se non diciamo cosa vogliamo fare e cambiare, non sotto forma di una shopping list generica di proposte slegate o di slogan alla Twitter ma descrivendo una vera visione di paese, la discriminante sarà soltanto l’identità e lo schieramento.
Alla fine si tratta di un’operazione noiosa, che non riuscirà a coinvolgere chi non ha più voglia di votare. E peraltro le parole di Gianni Cuperlo che ho sentito qui sono un canto bellissimo, ma attirano solo quelli – e io non sono fra loro – che fanno o hanno fatto parte di una tradizione di sinistra comunista o riformista: peraltro, io sono convinta che il rapporto con il PD e con altri sarebbe più facile se fosse già in marcia un progetto plurale e convincente, perché alla fine ciò che conta anche in politica sono i rapporti di forza.
A questo proposito, anche se molti sono scettici, la discontinuità di cui tanto si parla forse dovremmo cercarla anche uscendo da questa mania di definire un progetto politico solo attraverso la sua leadership e la sua “etichetta”: è un dato di fatto che ciò comprime la qualità della proposta politica e la sua portata.
Facendo eco alla Presidente Laura Boldrini e al suo appello per un femminismo gentile, determinato e condiviso, da praticante di lungo corso di una leadership condivisa (sono co-Presidente di una forza politica che applica in modo rigido la parità di genere) posso testimoniare che questa formula funziona e dà qualità al lavoro politico. Suggerisco di prenderla in considerazione.
Allora quali sono le scelte indispensabili intorno alle quali organizzare e coinvolgere settori economici, sociali, associativi, per ascoltarne le istanze, prendere impegni precisi, organizzare iniziative nei prossimi mesi e magari ritrovare il piacere del lavoro politico collettivo? In un mondo nel quale ogni anno soffiano venti di guerra sempre più preoccupanti, nel quale i danni e le conseguenze del disordine climatico si fanno più duri e devastanti, non possiamo abbandonare la battaglia per il prossimo governo.
Noi vediamo almeno tre punti prioritari tra loro legati:
a. È urgente dare una risposta chiara allo stallo della nostra economia, una risposta che vada ben al di là della semplice difesa del “lavoro” in generale e indichi concretamente su quali attività e settori puntare, organizzando di conseguenza anche la formazione e la ricerca. È necessario puntare “senza se e senza ma” sul “Green New Deal”, la trasformazione ecologica della nostro modello economico, che presuppone scelte di campo precise a favore di rinnovabili ed efficienza soprattutto nei trasporti e nelle costruzioni: ciò significa la fine di illusioni “fossili” tipo quella di diventare “hub del gas” (come prevede la Strategia Energetica Nazionale appena presentata) o di errori quali il continuare a foraggiare con immense risorse pubbliche le concessionarie autostradali o l’autotrasporto. Bisogna entrare nel merito e nel dettaglio della proposta di politica industriale 4.0 del Ministro Calenda, ponendo con forza il tema del superamento della “neutralità tecnologica” e dell’illusione che tutti i settori industriali, anche quelli meno produttivi, meno utili, meno pronti a cambiare – e soprattutto più fossili – possano e debbano essere sostenuti in eterno. Al contrario, è possibile accompagnarli a una ristrutturazione o addirittura superarli man mano, a favore di settori che hanno maggiore capacità di trovare mercato in una società in profonda trasformazione, nella quale c’è e ci sarà ancora bisogno di acciaio, di macchinari, di prodotti alimentari, di energia, ecc., però prodotti in modo diverso rispetto al ventesimo secolo.
b. Il secondo punto è quello dell’Europa e della lotta contro la “LePenizzazione” politica e culturale in corso, anche perché i problemi dell’Italia sono per certi versi speculari a quelli della UE: società aperta contro nazionalismo e disintegrazione del patto sociale. Tutti a parole sono per un’altra Europa e naturalmente anche noi. Non è “rinchiudendosi” nei nostri confini che si sconfiggono i cambiamenti climatici, si limita l’influenza di Putin, Xi Jinping o Trump, si assicura la fine di elusione ed evasione fiscale, o si salvano la nostra lingua, cultura, agricoltura e bellezza. Farlo significherebbe rinunciare del tutto alla nostra sovranità e legarsi mani e piedi al carro di chi ha dimensioni tali da poter contare nel mondo, la Cina, gli Stati Uniti, la Russia. Dobbiamo invece puntare a creare anche in Italia luoghi di dibattito e iniziative nelle quali discutere delle politiche dell’UE e cercare il consenso per cambiarle.
c. Terzo cantiere urgente (e forse più trasversale e complesso) è quello della qualità della democrazia e in particolare del rispetto delle leggi, dell’ingerenza ancora troppo diffusa di gruppi criminali e forze corrotte, della garanzia dei diritti civili e individuali, ma anche l’evasione ed elusione fiscale, temi che anche in Europa vivono ormai da anni una serie di stop and go di attenzione mediatica la quale non ha finora portato a nulla di buono. Né dobbiamo dimenticarci del vasto cantiere delle regole elettorali e dell’accesso al finanziamento della politica e ai media: questi ultimi due temi, cavalli di battaglia degli amici radicali, riacquistano una centralità indubbia in tempi nei quali permane e, anzi, prende nuove forme l’invadenza dei poteri economici e politici nell’informazione e nei nuovi strumenti di partecipazione e formazione del consenso.
In sostanza, cari amici, caro Giuliano, oggi c’è poco da perdere tempo in calcoli elettorali che non servono alla dinamica necessaria a rendere realistica una vittoria delle forze di progresso, ambientaliste e civiche alle prossime elezioni. Bisogna scegliere le priorità e partire.