E dopo? Idee e riflessioni per uscire “in avanti” dal tempo della pandemia
Tra pandemia e ambiente vi sono connessioni solide e profonde. Vi sono alcune evidenze e fondate ipotesi emerse in queste settimane: la distruzione degli ecosistemi naturali, primi fra tutti le grandi foreste, come fattore che ha accresciuto la frequenza dei “salti di specie” dei virus dagli animali all’uomo; e poi la possibilità – ipotizzata anche da fonti scientifiche autorevoli – che via sia una correlazione tra l’aggressività del contagio da una parte e la presenza nell’ambiente di determinati inquinanti dall’altra.
Ma quello che sta capitando non era previsto e probabilmente non era prevedibile, come non lo sono i terremoti o gli uragani. Non è neppure qualche cosa di inedito, e per questo sarebbe fuorviante stabilire collegamenti automatici, deterministici, tra la pandemia da Coronavirus e i tanti, vistosi “buchi neri” del nostro “modello di sviluppo”, a cominciare da quelli legati alla pressione sempre più insostenibile sugli equilibri climatici, sulle risorse naturali, sulla salute degli ecosistemi.
Esiste però una connessione, questa assai stretta che riguarda, specificatamente, il “dopo”. L’umanità oggi deve fronteggiare una minaccia sanitaria drammatica e immediata. Ma questa urgenza nulla toglie ad altre urgenze altrettanto decisive: come dare efficacia ed incisività all’impegno globale contro la crisi climatica, fino oggi del tutto insufficiente; e come dare concretezza all’idea della transizione verso un modello economico fondato sulla tutela e la valorizzazione della qualità ambientale anziché su una sua continua erosione. Finita l’emergenza Coronavirus, bisognerà da un lato contrastare le spinte – mosse da interessi o anche solo da abitudini – a riprendere la via interrotta dello sviluppo come se nulla fosse, dall’altro operare perché le scelte della politica, dell’economia, delle organizzazioni sociali indirizzate a “rialzarsi”, imbocchino con decisione la via della responsabilità sociale e ambientale.
Infine, questa crisi drammatica chiama in causa questioni di scenario che sebbene non immediatamente legate ai temi ambientali sono da essi, sul piano culturale ed etico, inseparabili. La pandemia, come spesso le “catastrofi” naturali, non colpisce gli esseri umani in modo “democratico”: sta penalizzando molto di più i più poveri, i più fragili, i meno tutelati, e dunque mostra l’altissimo costo sociale di anni nei quali, in Europa e non solo, si sono progressivamente impoveriti i sistemi di welfare. Da questo punto di vista, fa purtroppo scuola il taglio sistematico di risorse portato in Italia al sistema sanitario pubblico, che per esempio ha visto ridursi significativamente il rapporto tra posti letto nelle terapie intensive e popolazione e che particolarmente in alcune regioni – su tutte la Lombardia – ha segnato lo smantellamento dei presìdi sanitari territoriali.
Di tutto questo vorremmo ragionare nel webinar del 4 maggio (a partire dalle ore 16), a partire da quattro brevi interventi introduttivi su aspetti da approfondire nella discussione:
- Quale rapporto tra pandemia e problemi ambientali, Francesca Dominici, professoressa di Biostatistica, guida il team dell’Harvard data science che ha studiato la possibile correlazione tra le polveri sottili e il COVID19 (h 16- 16.30)
- Lezioni dal Coronavirus: il progresso non è un destino ma una possibilità, Mauro Ceruti, Filosofo, Teorico del pensiero complesso (h 16.30 – 17.00)
- Come “ripartire”: condizionalità sì, ma verdi, Enrico Giovannini, economista, portavoce Asvis e membro della task force governativa sulla Fase2 (h 17.00-17.30)
- Rilanciare l’idea di un welfare davvero universale, Antonio Gaudioso, segretario generale CittadinanzAttiva (h17.30-18.00)
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