Con Ecofuturo, al via a Rimini, parte la stagione delle feste ambientaliste d’estate

BANNER-ecofuturo-2016-2-k6QH-U10801201872965myF-1024x576@LaStampa.itArticolo di Francesco Ferrante su La Stampa.it –

Il movimento ambientalista italiano risponde alla crisi di rappresentanza immergendosi nel mondo della società (e dei cambiamenti) reali

Dopo le prime due edizioni che si sono tenute in Umbria alla Libera Università di Alcatraz, Ecofuturo si svolge in questi giorni – dal 26 al 31 luglio – a Rimini e apre di fatto la stagione delle feste ambientaliste che proseguirà dal 5 agosto con l’appuntamento ormai tradizionale della festa nazionale di Legambiente (giunta ormai alla sua ventottesima edizione!) con Festambiente a Rispescia, nel Parco della Maremma.

Appuntamenti sempre più diffusi e partecipati che confermano la vitalità del movimento ambientalista italiano e che però sono occasioni anche di riflessione. Il recente referendum contro le trivelle ha infatti confermato, se mai ce ne fosse stato bisogno, che nonostante la crescita della sensibilità, delle iniziative, della cultura ambientalista, resta un drammatico deficit di rappresentanza di quelle istanze.

Come colmare quel gap? La scelta di una parte del movimento ambientalista – almeno di quella che mi appare più matura – sembra quella di andare a cercare nella società reale le esperienze concrete di impresa, economia civile, lavoro che, fondate su chimica verde, green economy, economia circolare, rappresentino non più soltanto “ipotesi di cambiamento”, ma solide realtà anche quelle in cerca di rappresentanza. Insomma sembra di intravedere una “nuova alleanza” tra economia e ecologia.

Basterebbe guardare al programma di Ecofuturo: si va dalla ristrutturazione edilizia ad alta efficienza energetica alle nuove forme di mobilità, dalle energie rinnovabili alla gestione dei rifiuti, dalle tecnologie di disinquinamento e bonifica all’agricoltura coinvolgendo negli incontri i protagonisti di quei settori economici e presentando le innovazioni tecnologiche che stanno premiando tante start up e che sono davvero dirompenti. Si va dal fotovoltaico leggero, brevettato da una piccola impresa toscana, che consente di installare 3kW su una tenda (cosa che fino adesso era impossibile), alle novità sulla geotermia che finalmente grazie alle tecnologie a ciclo chiuso consente di realizzare piccoli impianti da 5MW in maniera sostenibile e che con le pompe di calore ormai si può sfruttare anche con piccoli salti di temperatura e micro impianti.

E in agricoltura la proposta del #biometanofattobene, che in particolare il Consorzio Italiano Biogas sta portando avanti, rappresenta la soluzione più avanzata di agricoltori intelligenti che voglio continuare a produrre cibo buono, contribuire alla sostituzione dei fossili con le rinnovabili, e migliorare le capacità di assorbimento della CO2 da parte del suolo.

Succede in Italia. E’ questa la novità che gli ambientalisti vogliono dimostrare: non è necessario guardare per forza a Elon Musk di Tesla o all’Energiewende tedesca. Le potenzialità concrete di innovazione e cambiamento le produciamo anche noi. E questo succede “nonostante” la politica. Nonostante le sue assenze o, peggio, i bastoni tra le ruote che tante volte Governi e amministrazioni locali provano a mettere a questa nuova economia. E nonostante – va detto – le sciocchezze di cui molto spesso si fanno propalatori anche comitati territoriali che, magari in buona fede, pensano di difendere l’ambiente e invece sono obiettivamente complici dei più ottusi conservatori fossili.

Quello che avviene sul biogas è paradigmatico. Tutte le proposte di nuovi impianti, che siano digestori per trattare la parte organica dei rifiuti urbani o impianti a servizio di aziende agricole, trovano detrattori pronti a dipingere situazioni drammatiche e inquinamenti devastanti che poco posso avere a che fare con un impianto fatto bene. E non sentono ragioni. Pochi giorni fa in Umbria si sono scatenati contro Legambiente che giustamente di fronte alla proposta di un impianto di questo genere a Foligno, è entrata nel merito chiedendo garanzie sulle tecnologie, sull’approvvigionamento, sul monitoraggio ma ribadendo la propria posizione favorevole al “biogas fatto bene”. Apriti cielo: l’associazione del cigno è stata accusata di tradimento da qualche comitato di zona e persino da qualche rappresentante locale di altre associazioni ambientaliste.

A Ecofuturo anche di questo parleremo con franchezza e voglia di cambiare. Perché per vincere quella sfida della mancanza di rappresentanza che l’ambientalismo italiano continua a lamentare anche questi errori deve superare.