Charlie Hebdo, le ripercussioni francesi sulla Grecia e l’Unione europea

Articolo di Monica Frassoni su il Manifesto – Gli spa­ven­tosi eventi di Parigi, con l’attacco odioso a Char­lie Hebdo, ci ricor­dano che libertà e demo­cra­zia non sono mai total­mente acqui­site, nem­meno in Europa. E se è vero che par­liamo di cri­mi­nali che usano la reli­gione come un kala­sh­ni­kov e che sicu­ra­mente non hanno nulla a che vedere con i milioni di musul­mani che vivono nelle nostre società, è anche vero che tutti, anche i musul­mani stessi, hanno una diretta respon­sa­bi­lità nel non per­met­tere che que­sti atti giu­sti­fi­chino derive illi­be­rali, nuovi e vec­chi raz­zi­smi, nuove e vec­chie fron­tiere, intol­le­ranza e divi­sioni tra per­sone diverse fra loro ma in grado di vivere insieme.

La discus­sione su come fer­mare i «bar­bari» e come impe­dire che epi­sodi come que­sti diano ancora più voce a chi, da Le Pen a Sal­vini, non ha solu­zioni ma è bra­vis­simo a sof­fiare sulla paura, è diret­ta­mente legata al come uscire dalla crisi eco­no­mica, sociale, poli­tica che atta­na­glia una parte impor­tante dell’Ue. In que­sto senso, la capa­cità di cam­biare i rap­porti di forza den­tro e fuori le isti­tu­zioni euro­pee nei pros­simi mesi è dav­vero cru­ciale. Come sarà cru­ciale avviare un vero dibat­tito euro­peo, capace di supe­rare dif­fu­sis­sime false verità, secondo le quali, per esem­pio, per i tede­schi pagano sem­pre tutto loro, in Gre­cia tutti si sen­tono vit­time inno­centi di un com­plotto nor­dico e in Ita­lia ci si aspetta da un momento all’altro di essere invasi da orde di clandestini.

Sem­bra pro­prio che solo uno «shock» possa per­met­tere di cam­biare il tran-tran brus­sel­lese di para­me­tri, regole e tagli, che con­ti­nua nono­stante i discorsi di Junc­ker e l’agitazione di Renzi. Che fare allora? Il primo appun­ta­mento impor­tante di que­sto 2015 sono le ele­zioni in Gre­cia del 25 gen­naio pros­simo. Vin­cerle non sarà suf­fi­ciente per Syriza e i suoi even­tuali alleati, se altri governi (a par­tire da quelli ita­liano, fran­cese, spa­gnolo) con almeno una parte della Com­mis­sione e del PE, non soster­ranno una linea chiara di discon­ti­nuità: a comin­ciare dalla ria­per­tura delle con­di­zioni e dei tempi per il rien­tro della Gre­cia dal suo debito, per arri­vare ad una ride­fi­ni­zione del Piano Junc­ker, secondo prio­rità e dispo­ni­bi­lità finan­zia­rie ben diverse dalle attuali.

Sul primo punto, la deva­sta­zione creata dalla attuale depres­sione eco­no­mica e sociale in Gre­cia è una delle prin­ci­pali sfide poli­ti­che e morali per l’Ue nel suo com­plesso; ci sono pro­po­ste molto con­crete che si pos­sono soste­nere, per arri­vare a un com­pro­messo costrut­tivo in modo da per­met­tere al nuovo governo di otte­nere una rine­go­zia­zione degli impe­gni, con con­di­zioni chiare volte a for­nire un bene­fi­cio tan­gi­bile per il popolo greco e un per­corso ras­si­cu­rante anche per i part­ner euro­pei. Lo sforzo di rot­tura con le vec­chie pra­ti­che, però, non deve inte­res­sare solo la Gre­cia, ma l’insieme delle deci­sioni che stanno nell’agenda euro­pea nel 2015; dalla gover­nance eco­no­mica, al rilan­cio del dibat­tito sulle risorse pro­prie, all’Unione ener­ge­tica e i nego­ziati sui cam­bia­menti cli­ma­tici e natu­ral­mente il Piano Juncker.

Quest’ultimo è certo limi­tato e il pro­cesso di deci­sione su quali pro­getti finan­ziare non è ancora chiaro. Esi­stono però delle reali pos­si­bi­lità per influen­zare in senso «vir­tuoso» que­sto pro­cesso e agire creando una siner­gia con le nor­ma­tive euro­pee più avan­zate, in par­ti­co­lare in mate­ria di ener­gia, di poli­ti­che urbane, indu­striali e agricole1. Certo, per rea­liz­zare que­sto cam­bio di passo, ci vuole la capa­cità di molti degli attori coin­volti a pen­sare ed agire in un’ottica «euro­pea». E su que­sto, pur­troppo, ad oggi nes­suno è in grado di dare garan­zie credibili.