Ankara chiama Napoli
Articolo di Monica Frassoni su Huffington Post – C’è uno strano parallelo tra gli eventi di Rotterdam e quelli di Napoli. Va bene, Salvini non è Erdogan e per fortuna non sta al governo, e gli eventi di Napoli sono anche conseguenza di una dimostrazione a tre di testosterone in eccesso (ci metto anche Minniti).
Ed è chiaro che sarebbe molto meglio se ci si rendesse conto dell’imperdonabile errore di avere sfruttato al massimo l’aiuto di Erdogan nel bloccare i profughi voltandosi dall’altra parte sulle continue violazioni dello stato di diritto in Turchia e ora non si andasse tutti in ordine sparso (la Francia accetta la visita del Ministro degli esteri, Olanda e Germania, no) per impedire che una campagna referendaria che potrebbe avere conseguenze gravissime in Turchia, accenda anche le numerose comunità presenti nei vari paesi EU e ne condizioni anche per questo il risultato.
Però pensiamoci, non sto parlando dei fatti contingenti, ma della logica che ne sottende l’escalation: chi semina zizzania, chi divide, chi si permette di dire cose inaudite, nel caso di Erdogan anche di farle, cercando con questo referendum di prendersi davvero tutto il potere, nel caso di Salvini coltivando da anni con la piena connivenza dei media che gli danno una visibilità abnorme, i peggiori istinti passando superficialmente da insulti a meridionali e migranti alle lodi per un macellaio come Putin, ora strepita per la libertà di espressione e si fa passare come vittima.
Dopo avere incitato e dopo essere passati sopra l’importanza della libertà altrui, nel caso di Erdogan in modo tragico e concreto, con morti e persone che hanno perso tutto, nel caso di Salvini coltivando ossessivamente la logica dei “padroni a casa nostra” anche quando visita quella degli altri, ora si ergono a paladini della libertà. Passando bellamente sopra il fatto che gente come loro, con le debite proporzioni, ripeto, sono quelle che stanno scassando le fondamenta stesse del vivere civile. E che accusare i centri sociali, che sono cascati con tutti e due i piedi nella provocazione rovinando una bella mobilitazione pacifica, o i governanti olandesi, terrorizzati dal grande contributo alla vittoria di Wilders che questo brutto episodio potrebbe rappresentare in vista delle elezioni del 15 marzo, non deve essere la scusa per dimenticare che chi accende la miccia poi non può essere parte della soluzione, ma deve essere sconfitto politicamente e culturalmente con le armi del consenso e della capacità di convincere almeno una parte di chi li ascolta e li segue, prima che sia troppo tardi.