Dalla Rete il nuovo modo di fare politica per l’ambiente
Credo che sia necessario chiarire alcuni presupposti del progetto Green Italia che avvierà il 1 marzo a Roma un processo partecipato di formalizzazione. Tutti noi siamo accomunati dalla consapevolezza che la questione ecologica non può essere ridotta al capitolo ambientale di un programma politico. Né alla mitigazione ex post o al soccorso degli esiti di azioni e scelte legate al modello di sviluppo quantitativo illimitato.
Di più, abbiamo la consapevolezza, anche professionale, che la produzione di valore in termini economici e sociali competitivi è legata alla relazione tra innovazione, sostenibilità, bellezza, qualità, partecipazione.
Ci siamo proposti come persone con competenza e credibilità politica per connettere tutto ciò che già oggi costituisce una pratica ecologista: dall’impresa,all’accademia, dalla ricerca alla singola professionalità, dalle reti sociali alla condivisione di conoscenza ed esperienza. Un blocco sociale per l’innovazione di qualità.
Vogliamo farlo usando la Rete digitale come estensione dello spazio pubblico, come piattaforma per la condivisione delle proposte e dei processi deliberativi. Oltre il broadcasting digitale di Grillo/Casaleggio, interfaccia di quello televisivo di Berlusconi. Connettere, dare rappresentanza alle proposte, avere titolarità di parola dentro una coalizione democratica da costruire oltre il consociativismo e la riduzione dell’economia alla sola finanziarizzazione da parte delle banche.
Condividiamo l’ambizione di costituire parte di una proposta di governo e di classe dirigente di una politica pubblica capace di tornare a esercitare una piena sovranità repubblicana in una Europa federata.
Siamo contro la Tav ma a favore del trasporto su rotaia locale e connesso ai corridoi europei, per questo ci facciamo carico della fattibilità di una proposta alternativa. Non ci interessa affermare e testimoniare alcuna alterità, piuttosto vogliamo agire per generare processi alternativi. Vogliamo definire e proporre una visione, una ipotesi di società, di partecipazione politica, un nuovo linguaggio che accompagni un nuovo sguardo.
Non vogliamo il paese dei Fuochi, dalla Campania alla Lombardia, né quello disegnato, da Nord a Sud, dal dissesto idrogeologico.
Proporre la raccolta di firme per una legge sul reato ambientale è una azione coerente che ha significato e senso in sé per ciò che riguarda l’innovazione, la sostenibilità, la bellezza, la qualità e la partecipazione.
Proporre un appello/manifesto online e una rete di incontri sulla libertà di cura e l’uso dell’omeopatia è coerente con la relazione mente, corpo, natura tutta, vista attraverso una epistemologia complessa e in immediata relazione con la politica pubblica in quanto esercizio di un diritto garantito dall’Europa.
Agire dentro i processi per mettere in connessione politica le esperienze significative richiede determinazione, tenacia e flessibilità legate a una coerenza sostanziale.
Altrimenti si svolge un ruolo encomiabile di suggestione culturale ma non un ruolo politico capace di efficacia. Non siamo un ceto politico che dissimula l’ansia di venire assoldato purchessia.
Questa nostra ambizione non c’entra con Tsipras, né con gli appelli e le azioni messe in campo per riaggregare intorno alla sua metafora la sinistra italiana nelle sue declinazioni dell’antagonismo. Noi non ambiamo ad esserne la componente ambientalista.
Siamo in grado, esistenzialmente, non solo per cultura politica, di esercitare il ruolo dirigente di coloro che connettono l’ecologismo diffuso e l’intelligenza collettiva ad esso legata, per un governo in discontinuità con le pratiche fallimentari del consociativismo finanziario?
Altrimenti dobbiamo prendere atto che questa domanda non trova ancora degli interpreti consapevoli e adeguati. Non smettiamo di provarci.