Domenica in Liguria può finire l’era del dissesto-declino
Articolo di Roberto Della Seta e Francesco Ferrante su Huffington Post –
Dissesto ecologico = declino socio-economico. Questa equazione, tutt’altro che approssimativa, sintetizza bene il senso e soprattutto i risultati degli ultimi decenni di governo della Liguria. Per fissare l’inizio di questa lunga stagione si può scegliere una parola: “rapallizzazione“. La inventò Indro Montanelli quasi mezzo secolo fa, ad indicare – partendo appunto dal caso simbolo della città di Rapallo sulla Riviera di Levante – un modello sconsiderato di saccheggio del territorio tutto all’insegna del cemento selvaggio.
Negli anni purtroppo la rapallizzazione ha contagiato una buona fetta d’Italia, ma certo in Liguria questo modello di sviluppo fondato sulla cementificazione intensiva del suolo e sul sistematico disprezzo per gli equilibri ambientali ha dato il peggio di sé. Territorio fragile e delicato, che per morfologia richiederebbe una gestione ambientale di assoluto rigore, la Liguria è la regione italiana dove il consumo di suolo ha galoppato più velocemente e una di quelle dove nel nome apparente dello sviluppo, in quello più realistico di un rapporto opaco tra politica e varie lobby dell’economia anti-ecologica, l’ambiente è stato più sistematicamente maltrattato.
Questa ricetta ha prodotto, lo ripetiamo, una miscela indigesta di dissesto ecologico e di declino socio-economico. Perché l’economia del mattone selvaggio non solo ha reso più insicura la vita dei liguri, costretti cominciando da Genova a fare i conti quasi ogni anno con temporali di stagione che fanno danni come terribili uragani, ma ha colpito al cuore la principale materia prima da cui dipende il futuro del turismo in Liguria: la bellezza. Ancora più in generale, in Liguria ha resistito con una speciale forza quell’idea radicatissima nelle nostre classi dirigenti per la quale ambiente e sviluppo sono termini antitetici: di “monumenti” liguri a questa idea, anch’essa rivelatasi fallimentare sia sul piano ecologico sia su quello economico, ce ne sono tuttora parecchi, basti pensare alla centrale a carbone di Vado Ligure.
Protagoniste assolute di questa lunghissima stagione di governo sono state le “larghe intese” di fatto al potere in Liguria da decenni, che a guidare la Regione fosse la destra o il centrosinistra. E non vi è dubbio che Claudio Burlando, prima sindaco di Genova poi per dieci anni “governatore”, sia la figura più rappresentativa di questa estenuante “era del grigio”: sì, Burlando è l’espressione più autorevole e tipica di una classe dirigente che mentre collaborava più o meno consapevolmente al dissesto ambientale dei territori da essa amministrati, al tempo stesso assisteva immobile alla crisi verticale della vocazione industriale della Liguria, incapace di rispondere con politiche di innovazione al deserto occupazionale che si andava diffondendo.
Domenica la Liguria può decidere di uscire dal passato, rifiutando la continuità impersonata dalla “ultra-burlandiana” Raffaella Paita e scegliendo il cambiamento impersonato da Luca Pastorino. Il duello tra Paita e Pastorino è molto di più che l’esito di uno scontro interno al centrosinistra: è l’alternativa secca tra chi si propone come erede dello stile e dei contenuti di governo affermatisi negli ultimi decenni, e chi offre la possibilità di un cammino nuovo e diverso, lungo il quale “risanamento ecologico” della Liguria – stop al consumo di suolo, priorità di investimenti pubblici alla messa in sicurezza del territorio, promozione di un turismo fondato sulla qualità ambientale e non più sulla sua negazione, stimolo alla ricerca e alla innovazione industriale a partire dall’efficienza energetica – diventi la base su cui ridare a questa regione una prospettiva plausibile di sviluppo, di lavoro, di produzione, di benessere.
Questa speranza, questa possibilità, sono al centro di molti dei progetti presentati da Pastorino, e anche della sua esperienza come sindaco di Bogliasco. Eccone qualche esempio, illustrato in un incontro pubblico a Genova da Pastorino insieme a Pippo Civati e ad Annalisa Corrado e Oliviero Alotto di “Green Italia”: utilizzando non più “a pioggia” ma nell’innovazione energetica (efficienza e rinnovabili) e nella cura del territorio i fondi europei disponibili per la Liguria (oltre mezzo miliardo dal 2014 al 2020), si creerebbero almeno 30 mila posti di lavoro; rendendo più efficienti gli usi elettrici pubblici (soprattutto illuminazione) nei 235 comuni liguri, si risparmierebbero quasi 20 milioni di euro all’anno; effetti economici e ambientali importanti si avrebbero anche aumentando la raccolta differenziata dei rifiuti: oggi la media regionale e di circa il 33%, la più bassa tra le regioni del nord e meno della metà del 67% raggiunto nel comune amministrato da Pastorino.
Domenica tocca ai liguri decidere. Se pensano che la politica abbia come colore unico ed obbligato il “grigio” di questi anni – il grigio, si può dire facendo il verso a un celebre e controverso libro, nelle sue variegate sfumature – votino Paita o Toti (non farebbe grande differenza). Se vogliono cambiare colore, puntino sul “green” di chi – Luca Pastorino e quanti lo sostengono – pensa che la Liguria meriti di più di altri 5 anni di governo del dissesto e del declino.