Le primarie dei Verdi europei
Le primarie Verdi si sono concluse: 22.676 elettori, due vincitori, Ska Keller, deputata tedesca di 32 anni presentata dai Giovani Verdi e Jose Bove, attuale vicepresidente della Commissione Agricoltura ex attivista anti-Mc Donald diventato integerrimo parlamentare e ardente europeista. Entrambi eletti con circa 11.000 voti. Un risultato abbastanza positivo anche per me (5800 voti) considerando che in Italia la partecipazione è stata bassa, nonostante la mobilitazione di Green Italia, dei Verdi e in certo modo perfino dei media intorno a questa forma originale di designazione dei candidati alla Presidenza della Commissione europea.
Il ragionamento che ha portato il Partito Verde europeo a lanciare nella sua terza campagna comune questa forma di designazione è questo: le prossime elezioni europee saranno vinte da chi saprà mobilitare gli elettori intorno ad alcune idee forti. Le nostre sono “No all’austerità, Green New Deal, Europa federale”. Noi siamo convinti che esista una parte dell’opinione pubblica che può essere portata a sostenere queste proposte, con una campagna che le valorizzi e le renda visibili.
La prossima legislatura ci porterà davanti a scelte difficili su molte questioni spinose e noi dobbiamo essere in una posizione di forza sia nel Parlamento europeo che a livello nazionale se vogliamo essere in grado di far pesare la nostra influenza e contribuire a una possibile maggioranza progressista, evitando quindi di ricadere di nuovo nelle “larghe intese” in salsa europea e quindi in una sostanziale continuità con il presente.
Come ridefinire i numeri del Patto di stabilità e come attuarlo? Chi scegliere di salvare tra banche e cittadini? In che modo sarà speso il budget, già molto limitato, dell’UE? Come sarà trattata la tassa sulle transazioni finanziarie? Che decisioni verranno prese sull’energia dopo la pessima proposta della Commissione sul pacchetto Clima 2030? Si riuscirà a mettere in piedi una procedura d’asilo comune o continueremo a vedere poveri morti a Lampedusa? Queste sono solo alcuni degli importanti appuntamenti in agenda e noi ci sentiamo pronti a rispondere.
Questo è il contesto nel quale tutti i partiti europei, perfino la Sinistra normalmente assente dal dibattito europeo, hanno deciso di presentare i loro candidati alla Presidenza della Commissione per contribuire a “europeizzare” la campagna per il PE attraverso la personalizzazione della competizione intorno al Presidente della Commissione, finora deciso a tavolino dai Capi di Stato e di governo dopo le elezioni; elezioni che mai come quest’anno saranno polarizzate e difficili, perché la propaganda antieuropea sta rapidamente guadagnando terreno rispetto alle proposte per “cambiare” l’Europa senza disfarla.
Ma siccome noi non possiamo pensare che antieuropei di destra e di sinistra abbiano già vinto, abbiamo pensato che lanciare delle primarie on-line a livello transnazionale (le prime mai organizzate) e chiedere ai nostri partiti, militanti e simpatizzanti e al pubblico in generale di partecipare direttamente alla scelta del nostro candidato/a alla competizione europea poteva essere un modo nuovo di sensibilizzazione e mobilitazione.
Al di là dei numeri dei votanti, la mia personale valutazione è la seguente: si è trattato di un esercizio veramente nuovo per noi e del quale non si poteva davvero prevedere l’impatto o l’esito; esercizio nuovo anche rispetto al fatto che mai si è discusso di qualcosa che può sembrare lontano come la presidenza della commissione. Non tanto perché non esistano altri esempi di e-voting; esistono anche se non a livello transnazionale. Ma perché si è trattato di un voto su una posizione “virtuale” (presidente della Commissione Verde) e in un momento ancora abbastanza lontano dalle elezioni europee; la necessità di un approccio davvero pedagogico e di un tempo abbastanza lungo per spiegare che cosa si voleva fare davvero e stato anche un elemento che abbiamo scoperto durante il processo. Inoltre, lo strumento dell’e-voting e di per sé uno strumento delicato e problematico. Molti ci hanno scritto rifiutandosi di votare per ragioni di “privacy”, perché, nonostante le nostre numerosissime spiegazioni tecniche e il fatto che abbiamo coinvolto la più importante impresa di e-voting al mondo (Scytl) non erano convinti della sicurezza del sistema.
Un furioso dibattito fra vari partiti verdi si è poi svolto intorno a quali dati dovessero essere dati e come fare per coniugare la necessaria garanzia di serietà del processo dal punto di vista delle frodi con il rispetto della segretezza del voto. La soluzione è stata trovata attraverso un incrocio fra numero di cellulare e mail per evitare indirizzo, età, carta di credito, ma questo è stato sicuramente l’aspetto tecnicamente più complicato, perché la molteplicità di operatori telefonici nei vari paesi ha reso a volte laborioso il rapido espletamento della procedura, cosa che ha limitato anche l’accessibilità del voto. Anche se devo dire che un qualsiasi acquisto on-line e egualmente se non più complicato.
Un altro elemento curioso e stato l’atteggiamento di una parte della vasta comunità dei cosiddetti “Geeks”. Sappiamo che ci sono stati dei tentativi di “rompere” il sistema e alcuni partiti verdi erano molto dubbiosi di lanciarsi in questo processo proprio per timore di vederlo totalmente decredibilizzato da frodi o attacchi telematici. Non è successo, ma è stato per me interessante scoprire questa dimensione della e-democracy.
Altra cosa emersa con forza e l’esistenza di un vero digital devide generazionale. La vittoria di Ska Keller e sicuramente dovuta anche alla efficiente rete sui media sociali dei giovani e la loro maggiore disinvoltura nell’uso di queste tecniche. In Spagna dove il partito verde non è forte, ma utilizza molto le tecniche web e le reti sociali e i suoi membri sono giovani( ha più followers che il PSOE!) la partecipazione è stata molto più importante che in altri paesi magari politicamente più rilevanti che non hanno la stessa dimestichezza con la politica on-line.
Un elemento senz’altro importante e stato la lentezza con la quale il processo e partito e il fatto che il “decollo” reale si è avuto solo quando ai dibattiti virtuali e alla campagna di informazione sul web si sono aggiunti i dibattiti “in persona” attraverso le trasferte dei candidati in 10 città europee. Mi ha anche colpito il vero interesse intorno alla campagna europea emerso dopo i dibattiti, anche in paesi insospettabili. Se i 300 partecipanti al dibattito live in Belgio e i 250 in Francia non sono così sorprendenti, a Praga e Londra e perfino in Svezia abbiamo percepito come partiti non particolarmente entusiasti di una campagna europea, ne abbiano capito il potenziale e stiano alacremente organizzando altre occasioni di azione transazionale in vista delle elezioni di maggio. Ho una valutazione invece meno positiva dei dibattiti on-line o hangs-out, strumenti ancora non troppo in grado di attirare, almeno per noi, l’interesse di coloro non già vicini ai Verdi. Infine, ho trovato interessante la collaborazione con alcune organizzazioni, dai federalisti a Debating Europe, anche loro mobilitati a rendere rilevante il voto europeo. E questa una strada da approfondire.
In Italia, ho molto apprezzato il fatto che interlocutori importanti come Lucia Annunziata o Stefano Rodotà abbiano accettato di partecipare, dando alla nostra campagna una visibilità abbastanza inusitata. Insomma, si è trattato di un’esperienza interessante e coinvolgente.
Rimane naturalmente de vedere fino a che punto le primarie ci aiuteranno ad ottenere un risultato elettorale soddisfacente. Credo dipenderà dallo spazio che la dimensione realmente europea avrà nella campagna e se verranno organizzati su media importanti dibattiti fra i candidati ben fatti.
Per quanto riguarda l’Italia! penso davvero che la possibilità di creare una vasta aggregazione intorno alla lista per “Un’altra Europa” sia molto interessante e accattivante, sempre che non venga caratterizzata soltanto dall’appoggio ad Alexis Tsipras, che non è candidato al PE, ma possa interessare anche le famiglie politiche progressiste con una chiara dimensione europea come i verdi, oltre naturalmente ad associazioni e gruppi che non fanno riferimento alla sinistra radicale. Insomma, una lista per “Un’altra Europa” e non “Per un’altra sinistra” finalizzata a impedire le larghe intese a Bruxelles.
Monica Frassoni, Co-Presidente Partito verde europeo, www.greenprimary.eu per greenreport.it