La Ue e Juncker devono fermare la rivincita dei fossili
Articolo di Monica Frassoni su Il Manifesto – A gennaio scorso il Presidente della Commissione europea Barroso e i Commissari Hedegaard e Oettinger presentano la Comunicazione per una politica per il Clima e l’Energia nel periodo 2020–2030. La Commissione europea propone entro il 2030: taglio del 40% delle emissioni di gas a effetto serra (rispetto ai livelli del 1990), ripartendo tra i diversi Stati membri la percentuale da ridurre sulla base di alcuni criteri; almeno il 27% del consumo di energia dal rinnovabile, questa volta non obbligatorio a livello a livello nazionale, ma a livello europeo; quanto all’efficienza energetica ogni decisione è rinviata all’estate. In pratica, la Commissione rinuncia a continuare la trasformazione low carbon del nostro sistema energetico, iniziato nel 2007. Nel febbraio scorso, però, il Parlamento europeo ha respinto l’approccio della Commissione e chiede a larga maggioranza target molto più ambiziosi per il 2030: almeno il 40% di riduzione della CO2, il 30% di energia da rinnovabili e il 40% di efficienza energetica. L’obiettivo è quello di rimanere in linea con la riduzione del 80/90% emissioni di gas climalteranti entro il 2050.
A luglio scorso la crisi ucraina rilancia la discussione sull’Unione per l’energia — intesa da chi l’ha originariamente proposta, il neo Presidente del Consiglio UE Donald Tusk, solo come una sorta di acquisto di gruppo del gas per contrastare il potere di interdizione russo — ma anche fa ripensare all’urgenza di diventare molto più risparmiosi. È interessante notare che Barroso proponeva un target tra il 25% e il 27%, in pratica un rallentamento rispetto alla situazione attuale. Un vero paradosso. Soprattutto perché secondo gli scenari e i calcoli della Commissione (non pubblicati, ma ottenuti dalla Ong ClientEarth grazie a un accesso agli atti) puntare su un target del 40% di efficienza energetica al 2030 potrebbe garantire un taglio delle importazioni fra il 33% e il 40% di gas e del 18–19% del petrolio. Tanto per fare un esempio chiaro, il modesto obiettivo del 30% otterrebbe «solo» il 22% di tagli delle importazioni di gas e il 16% di petrolio. E corrisponderebbe a un misero +12% rispetto alla situazione che avremmo nel 2030 senza misure addizionali. Nel Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre, i leader europei hanno proposto tre target minimi al 2030: riduzione delle emissioni di CO2 di almeno il 40%, l’aumento delle rinnovabili di almeno il 27%, non vincolante a livello nazionale, e l’incremento dell’efficienza energetica, solo indicativo, di almeno il 27%.
Le decisioni adottate non solo indeboliscono la politica climatica dell’Unione Europea, ma mettono a rischio l’indipendenza energetica comunitaria. Un target al 27% per rinnovabili ed efficienza energetica è un passo indietro che equivale a rallentare la trasformazione verde dell’economia e indebolisce fortemente la posizione dell’UE ai negoziati internazionali sul clima di Parigi 2015. Gli Stati membri (come Polonia e Regno Unito), che si sono messi in prima linea per bloccare possibili target più ambiziosi, lo hanno fatto, per lo più, in nome dei propri interessi economici. La realtà, però, è che il rapporto tra progresso economico ed una politica climatica ed energetica che guarda al futuro, funziona esattamente al contrario: senza una trasformazione del proprio modello energetico, l’Europa avrà solo da perderci in termini economici. È vergognoso come il Consiglio europeo abbia concesso potere di veto alla Polonia sugli obiettivi più ambiziosi sulle energie rinnovabili, alla Francia per le interconnessioni, e al Regno Unito in materia di efficienza. Una volta avevamo il principio chi inquina paga, ora abbiamo il principio chi inquina ha diritto di veto.
Quanto al ruolo del Governo italiano: nullo in questa partita. Con il conflitto giustamente aperto con la Commissione Barroso Renzi dimostra che quando vuole può essere determinato. Sulla partita energetica ha deciso di lasciare fare alle lobby fossili e non ha portato alcun contributo al rafforzamento del ruolo UE nella battaglia sui cambiamenti climatici e per la transizione low carbon. Il Parlamento europeo e la nuova Commissione non devono accettare la decisione del Consiglio come definitiva. Il Parlamento ha votato per obiettivi più ambiziosi e il Presidente Juncker ha espresso il proprio sostegno a politiche più ambiziose. Ora chiediamo a Juncker e alla maggioranza del Parlamento di proporre un Pacchetto Energia e Clima davvero ambizioso, che possa in seguito essere approvato dal Consiglio.