La nostra scelta di essere “europeisti insubordinati”
E’ l’articolo per “Nuova Ecologia” scritto a quattro mani da Francesco Ferrante e Roberto Della Seta per spiegare la loro candidatura alle elezioni europee con Green Italia Verdi Europei. Una scelta ragionata e forse univoca dati gli idali di fondo e il credere, con il supporto di dati, esperienze dirette e non, del successo della politica green.
“Ebbene sì, abbiamo buttato il cuore oltre l’ostacolo e abbiamo presentato liste Green Italia –Verdi Europei per le prossime elezioni europee. “Forse è troppo presto” ci hanno detto alcuni che pure seguono con interesse il tentativo che lanciammo nel giugno scorso, dando vita a Green Italia, di costruire un luogo dove finalmente abbiano piena rappresentanza in politica le istanze dei movimenti ambientalisti, quelle sempre più presenti della green economy, in un quadro di forte attenzione alla legalità, un posto insomma dove si potesse respirare “bella politica”. Sarebbe facile rispondere a quegli amici “se non ora quando”.
In questi mesi quelle esigenze di rappresentanza sono state più frustrate che mai e i partiti tradizionali continuano a ritenere l’ambiente un impaccio o al più un capitolo di un programma o un tema da convegno. Mai nessuno che, ad esempio, per provare a rilanciare economia e uscire dalla crisi proponga di investire davvero in quei settori che possono offrire lavoro e futuro.
Anzi le rinnovabili sono sempre sotto attacco, c’è chi continua a proporre centrali a carbone, la chimica verde viene lasciata all’iniziativa di qualche imprenditore senza offrire un quadro legislativo di favore, e potremmo continuare con molti altri esempi che i lettori di Nuova Ecologia conoscono bene.
Inoltre si stava correndo il rischio che, nella battaglia tra “europeisti” e “populisti”, i cittadini non avrebbero trovato nelle schede elettorali il simbolo di quell’unico partito europeo che in questi anni si è battuto da europeisti convinti per un’Europa diversa: solidale, davvero unità e non solo sulla moneta, contro le politiche di austerità (che in tanti lamentano , ma che poi approvano con i loro voti nel Palremento europeo e nel Consigli), il Green European Party.
Noi ci sentiamo “europeisti insubordinati” come felicemente ci ha definito Barbara Spinelli e per questo avevamo guardato con interesse, prima che si rinchiudesse nell’ennesimo tentativo di ricostruzione della cosiddetta “sinistra radicale”, quel tentativo di un gruppo di intellettuali di dar vita a una lista per “un’altra Europa”.
Un tentativo che sarebbe stato davvero interessante se avesse coinvolto, come noi avevamo proposto, davvero tutti coloro che, indisponibili a battaglie populiste e avventuriste con parole d’ordine contro l’Europa e per l’uscita dall’Euro, si battevano con forza contro le politiche delle larghe intese che in questi anni hanno davvero messo a rischio l’idea stessa di Europa. Così non è stato.
E allora con i Verdi italiani abbiamo scelto di darla questa opportunità agli elettori di votare per chi la vuole cambiare sul serio l’Europa ma che sa che non c’è futuro desiderabile fuori da un’Europa unita e solidale. Noi intanto in questi mesi avevamo proseguito con la costruzione di Green Italia e il primo marzo avevamo celebrato il nostro congresso fondativo.
In quella sede abbiamo approvato il nostro codice etico e lo statuto (su www.greenitalia.org) frutto dello sforzo di costruire un soggetto che non fosse ennesimo partito, ma piuttosto un luogo dove potessero trovare spazio e rappresentanza, comitati, liste civiche, competenze diffuse. Ed è stato proprio questo sforzo crediamo, che ci ha permesso di costruire delle liste elettorali “diverse”.
Con noi e i coordinatori di Green Italia (Monica Frassoni e Fabio Granata), i nostri giovani portavoce (Annalisa Corrado e Oliviero Alotto), e quelli dei Verdi italiani (Luana Zanella e Angelo Bonelli), trovate non “figurine” ma persone davvero impegnate nel costruire il futuro: presidenti di Parco, manager di imprese della green economy, giovani ricercatori, chi ha legato il proprio impegno civile nell’associazionismo, protagonisti delle lotte “in nome del popolo inquinato”, chi lavora per una mobilità nuova, coloro che sono impegnati nell’innovazione e nell’economia digitale, in liste in cui, ovviamente per chi ha fatto la parità di genere uno dei propri valori fondanti, sono di più le donne che gli uomini.
La campagna elettorale sarà una bella occasione per chiamare a raccolta chi non si rassegna, insomma un passo, forse non decisivo, ma importante nella costruzione di una politica diversa senza la quale guardare al futuro con occhi di speranza è assai più difficile.