Huffington Post – Se anche il Pd apre le porte al condono edilizio
Articolo di Roberto Della Seta e Francesco Ferrante su Huffington Post –
Negli ultimi vent’anni la sinistra italiana si è sempre battuta contro i condoni edilizi: ha votato contro le due sanatorie varate dai governi Berlusconi nel 1994 e nel 2003, si è impegnata con successo nella scorsa legislatura per impedire nuove forme più o meno mascherate di condono.
Nel frattempo, l’opinione pubblica si è convinta che l’abusivismo edilizio non è un’illegalità minore: è una malattia sociale maligna ed endemica (nel sud è nato illegale un quarto di tutto il costruito), almeno in Europa è un’anomalia quasi solo italiana, è una piaga che ha procurato danni enormi al paesaggio, ha truffato sia lo Stato che i costruttori e i compratori di case onesti, ha aggravato il dissesto del suolo e l’insicurezza abitativa di chi vive in aree a rischio, ha fatto guadagnare miliardi alle ecomafie del cemento.
Altro che abusivismo di necessità: il mattone illegale è stato e rimane, insieme ai rifiuti, uno dei grandi business della criminalità ambientale.
La reazione ferma è venuta da alcuni – Ermete Realacci, i senatori Lumia e Casson, Pippo Civati – ma quattro senatori campani del Pd – Capacchione, Cuomo, Saggese, Sollo – hanno invece presentato – la novità è di queste ore – una proposta che se approvata aprirebbe di fatto le porte a un nuovo condono generalizzato: nel testo elaborato dai quattro parlamentari democratici si stabilisce che per sanare un abuso compiuto dieci anni fa basta che anche molti anni dopo, anche oggi, il Comune decida di cancellare “ex-post” il divieto di costruire, e poi si afferma che non sono passibili di demolizione gli abusi fino a 750 metri cubi di volumetria. 750 metri cubi, l’equivalente di una villa di 250 metri quadrati!
Ci auguriamo che questa iniziativa venga rapidamente sconfessata non solo dal Pd ma anche dal governo a cominciare dal ministro dell’Ambiente. Ma certo fa intravedere un rischio: che in questa stagione di “larghe intese” destra e sinistra finiscano per “intendersi” anche nel mettere in discussione princìpi, criteri di buon governo che a nostro parere andrebbero considerati come i beni comuni. Indisponibili.
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