La Terra dei Fuochi, dove i fiori crescevano due volte all’anno

C’era una volta la Campania Felix, la stessa che Publio Annio Floro, tra i tanti che l’hanno decantata, aveva definito il luogo più bello del mondo, una terra che si ricopriva di fiori due volte all’anno e che non aveva rivali in quanto a fertilità del terreno.

Ma, da trent’anni a questa parte, le cose sono cambiate. Le organizzazioni criminali hanno intuito l’enorme opportunità di lucrare sullo smaltimento illecito dei rifiuti e con la connivenza scellerata delle istituzioni, locali e nazionali, hanno trasformato il paesaggio, ammorbandolo al punto da rendere necessario coniare un nuovo termine per definire queste terra.

Terra dei Fuochi pare persino poco, perché non restituisce pienamente la catastrofe ecologica, l’ecocidio che si sta consumando in questi luoghi. Sono oltre sessanta i comuni, in quella fascia di territorio a cavallo tra le province di Napoli e Caserta, che si sono visti espropriati della fertilità delle loro terre, dopo che le diverse famiglie camorriste hanno interrato centinaia di tonnellate di rifiuti tossici provocando l’irrimediabile devastazione dell’ambiente.

Si tratta di una vera e proprio mattanza. Centinaia di migliaia di persone sono condannate a vivere in una terra dove i rifiuti tossici e nocivi sono ovunque: nel terreno, nell’aria, nell’acqua e negli alimenti che in quelle zone si coltivano.

E’ tutta la catena alimentare che è stata compromessa. Su centinaia di ettari di terreno, nonostante molti di essi siano stati posti sotto sequestro, si continua a coltivare e si irriga con acqua altamente inquinata.

Gli uomini del Corpo Forestale dello Stato, che hanno effettuato prelievi proprio sotto le coltivazioni di ortaggi che riforniscono i mercati di quelle zone, hanno scoperto che, a pochi metri di profondità, erano stati interrati grandi quantità di solventi chimici, materiale di scarto edile, lamiere di eternit. Si tratta di una moltitudine di rifiuti altamente tossici che avrebbero dovuto seguire un iter speciale per il loro smaltimento, ma che hanno trovato dentro queste buche il loro nascondiglio.

In quelle zone l’aria è calda, appiccicosa, maleodorante, tutto trasuda insalubrità e morte. Ecco perché l’appellativo di Terra dei Fuochi non rende minimamente la follia e la gravità della situazione. Il dramma è che l’aspetto più evidente e quello che più arreca immediato fastidio alla popolazione, ossia i mille focolari accesi per bruciare rifiuti, è anche quello meno grave e meno minaccioso.

Il vero problema non è tanto il rifiuto urbano, che certo è comunque un fattore altamente inquinante, ma il rifiuto industriale. Quest’ultimo è anche quantitativamente maggiore e arreca danni più temibili e duraturi. Fare l’elenco di quel che si può trovare a pochi metri di profondità è praticamente impossibile, tanto varia è la natura dei rifiuti che vengono interrati in queste zone.

Si tratta di rifiuti altamente tossici, solventi chimici, liquami velenosi, scorie industriali e radioattive, rifiuti ospedalieri, farmaceutici, fanghi termonucleari e altre numerose sostanze venefiche.

Il triste pellegrinaggio degli scarti industriali inizia con un’organizzazione criminale che si presenta come ditta specializzata nello smaltimento rifiuti e si offre di provvedere al loro trattamento per cifre molto competitive. Una volta ricevuto l’incarico, da ogni parte d’Europa, si procede al trasporto dei rifiuti e quindi al loro smaltimento con modalità illegali, senza dar peso alla compattazione, alla copertura giornaliera, o alle più elementari tra le norme vigenti in tema di smaltimento dei rifiuti. Semplicemente si scavano delle buche, anche a pochissimi chilometri dai centri abitati, e in quelle bare di terra si riversa una quantità di materiali tale da condannare a morte tutto e tutti per il raggio di diversi chilometri.

Le indagini della Magistratura hanno evidenziato come le ecomafie, da oltre vent’anni, hanno riversato tonnellate di rifiuti particolarmente pericolosi, molto spesso volutamente mescolati tra loro per rendere più complessa la ricerca e l’individuazione dei diversi materiali. Ma la conseguenza peggiore di questo inumano camuffamento è che le reazioni chimiche che si innescano da simili miscele rendono ancora più nocivo, instabile e spesso perennemente fumante la poltiglia che ne deriva.

Una trattazione a parte meriterebbe la qualità dell’acqua di quelle zone. Decine di Tribunali italiani se ne sono occupati e molti dei procedimenti penali sono già andati a sentenza. Non si contano più i pozzi artesiani, tra Napoli e Caserta, sequestrati dalla Magistratura per evitare che il liquame ivi contenuto venga utilizzato per l’irrigazione di campi.

Le falde acquifere di molte località sono seriamente compromesse e per alcune si teme l’irreversibilità del danno da inquinamento, tanto è stato intenso ed è perdurato l’ininterrotto afflusso di solventi e liquami filtrati nelle profondità dei terreni.

Attraverso l’inquinamento delle falde acquifere e della vegetazione, tanto delle coltivazioni umane quanto dei pascoli di cui si nutre il bestiame, si sono riscontrati frequenti e gravi casi di sostanze cancerogene nel sangue del bestiame, tanto che, per il tramite della catena alimentare, si è presto arrivati a riscontrare le medesime patologie anche tra gli abitanti.

Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha avuto modo di effettuare studi e rilievi, e quello che ha evidenziato è un’alta percentuale di morti per patologie riconducibili all’inquinamento ambientale e la nascita di diversi individui con malformazioni congenite, derivanti sempre dalla presenza di sostanze altamente chimiche in terra, aria e acqua.

Tuttavia sono dati che necessitano di ulteriori studi, conferme ed approfondimenti prima di convincere i più scettici che esiste un nesso tra l’elevata mortalità nella Terra dei Fuochi e l’inquinamento di quelle aree. Sono stati censiti non pochi bambini che dalla nascita non avevano la tiroide, che è certamente un campanello dall’allarme. Ma non sono solo i tumori a insinuarsi nelle vite dei residenti, c’è tutta una serie di gravi patologie non tumorali, che prima erano rare e che ora sono diventate comuni. Occorre guardarle bene tutte queste persone. Occorre che si valutino bene le loro patologie, che ci si interessi ai loro tumori e alle loro malformazioni congenite. Guardatele bene, perché quello è il futuro che attende tutti coloro che non avranno la fortuna di andare a vivere altrove e che tra una decina di anni seguiranno lo stesso calvario.

A negare lo stretto legame tra malattia e inquinamento ambientale è spesso la stessa Magistratura italiana. I Giudici non sempre ritengono provato il nesso di causalità da sempre denunciato dai numerosi coordinamenti di cittadini della zona che, allarmati dai rischi o già vittime dell’ecomafia, chiedono di essere risarciti o di essere meglio tutelati. A titolo di esempio si pensi alla recente sentenza del Tribunale di Nola che ha ritenuto di rigettare la richiesta di riconoscimento del danno biologico avanzata da un operatore del nucleo ecologico del Comune di Marigliano. L’uomo, trovandosi in servizio in piena emergenza rifiuti, ha respirato per diverse ore al giorno gas e fumi tossici che si innalzavano in colonne di fumo nero a seguito dell’incendio di cumuli di immondizia. Per il Tribunale di Nola non è dunque provato il nesso di causalità tra l’inquinamento ambientale e le centinaia di manifestazioni tumorali. In altre e più comprensibili parole: nella Terra dei Fuochi non si muore per inquinamento ambientale!

Qual è invece la posizione dello Stato italiano? Per lustri ha minimizzato la questione, arrivando a negare l’esistenza di un allarme di natura ambientale in quelle zone. Quando genocidio ed ecocidio erano troppo evidenti e non era più sufficiente voltarsi dall’altra parte e fare finta di nulla, ecco che la politica nazionale ha dato segnali di interessamento.

Eppure la connivenza tra Stato e Mafia è evidente. Basta considerare che molte discariche abusive, la cui illegalità è nota a tutti, vengono utilizzate periodicamente per riversare tonnellate di spazzatura, durante le diverse emergenze rifiuti che vedono protagonisti la città di Napoli e i comuni limitrofi. In altre parole, durante le emergenze rifiuti, i camion della nettezza urbana comunale vengono svuotati in discariche che non dovrebbero neanche esistere perché del tutto abusive.

Ma basta meno per individuare la responsabilità che lo Stato ha avuto nel genocidio ambientale che caratterizza la Terra dei Fuochi. Basta solo farsi alcune domande. Come può accadere che queste cose avvengano senza che nessuna autorità decida di intervenire? Che fine hanno fatto e come hanno operato coloro che per proprio istituto (in quanto tecnico o dirigente politico) erano tenuti a monitorare il territorio e a controllare la qualità degli alimenti, dell’acqua, dell’aria e della terra? Com’è possibile che da tutta Europa centinaia di camion abbiano trasportato milioni di tonnellate di rifiuti tutte lì in Campania e nessuno mai si sia preoccupato di verificare la rintracciabilità di quei materiali, andando anche a vedere con precisione dove e come venivano smaltiti?

E ora che succede? Ora la parola d’ordine è “bonifica”. Occorre ripulire, ripristinare, restituire la fertilità alla terra, mettere in sicurezza quei tanti appezzamenti di terreno in cui il livello di inquinamento è palesemente irreversibile. Sul versante delle bonifiche lo Stato e molto di più l’Ue elargiranno cifre miliardarie. Saranno davvero alcuni miliardi quelli che nei prossimi anni si spenderanno nell’intento di liberare il terreno dai mille veleni.

Ma i miliardi per l’emergenza rifiuti non sono una novità in Campania. Secondo l’On. Ermete Realacci, Presidente della Commissione ambiente della Camera, si è già speso moltissimo per fare pochissimo, il presidente riferisce di “un enorme sperpero di denaro pubblico, si parla di circa 4 miliardi di euro che sono stati spesi nell’emergenza rifiuti in Campania, anche se noi sappiamo che purtroppo un sistema adeguato di smaltimento rifiuti in Campania e un sistema di raccolte differenziate sono molto lontani dall’essere raggiunti”.

Un’altra cosa noi sappiamo: la mafia è una Holding e si dirige sempre dove ci sono soldi. Basta poco e finiamo per fare arricchire ulteriormente le persone che hanno creato questa ecocidio. Che non sia solo una fantasiosa e remota ipotesi, lo dimostrano alcune interessanti inchieste, condotte dai Magistrati antimafia della Procura di Napoli, dalle quali emerge che: “Molti protagonisti delle ecomafie, che fino a ieri si sono arricchiti seppellendo rifiuti tossici, oggi si candidano per acquisire gli appalti per le bonifiche, con nuove aziende appositamente costituite”. E simili timori potrebbero ottenere già da subito una conferma, come si legge su L’Espresso di questi giorni: “Le mani di Carminati sulla Terra dei Fuochi. La Camorra l’ha avvelenata, Mafia Capitale ha ottenuto la bonifica per ripulirla”. Non partiamo certo con il piede giusto…

La Terra dei Fuochi è qualcosa che non ha pari in tutta Europa. Dare una mano a coloro che vivono in quei comuni, anche semplicemente parlando del genocidio e dell’ecocidio che li coinvolge, è uno dei doveri che la società civile ha nei loro confronti. Diversamente, ignorando ogni cosa, li condanneremmo ad essere tutti interrati vivi, sepolti insieme a quei velenosi rifiuti che hanno già condizionato tanto le loro vite.

Adelaide Conti