La Laguna al voto rischia l’abbuffata di “grandi opere”

Articolo di Roberto Della Seta e Francesco Ferrante sul Fatto Quotidiano –

Domani i veneziani sceglieranno il loro nuovo sindaco. In lizza al ballottaggio vi sono Luigi Brugnaro, candidato di Forza Italia e Lega, e Felice Casson, espressione di un vasto (dato non comunissimo in questo turno elettorale) schieramento di centrosinistra.

E’ un voto amministrativo, però la sua portata è più larga. Schematizzando ma non troppo, si può dire Casson e Brugnaro incarnino due idee di Venezia, in generale due idee di città tra loro assai lontane.

Venezia non è soltanto un luogo di infinita bellezza. E’ stata anche negli anni recenti uno dei simboli – simbolo in questo caso negativo – di alcuni dei mali endemici di cui soffre l’Italia: l’abbuffata delle “grandi opere”, con il Mose che ha inghiottito miliardi di denaro pubblico e seminato corruzione “bipartisan”; e poi con Porto Marghera – area industriale immersa nella città che ha lasciato un’eredità pesantissima di inquinamento -, il modello di uno sviluppo fondato sul saccheggio dell’ambiente e della salute e che nemmeno ha creato lavoro stabile e vera ricchezza.

Rispetto a tutto questo Felice Casson rappresenta una indiscutibile alternativa, per la proposta di governo con cui si è presentato al giudizio dei suoi concittadini e soprattutto per la sua storia: un’alternativa convincente anche per quella parte di elettori veneziani che al primo turno ha votato per il candidato dei Cinquestelle Davide Scano. Da magistrato fu Casson a “scoperchiare” il disastro ambientale di Marghera; da parlamentare si è sempre battuto contro la logica delle “grandi opere”, che fossero le costosissime e probabilmente inutili dighe mobili del Mose o il progetto odierno e ancora più insensato di scavare un nuovo canale (Contorta) per consentire alle grandi navi da crociera di scorrazzare ai piedi di San Marco.

Casson sindaco, insomma, sarebbe non soltanto un prezioso presidio di legalità per una città umiliata da scandali e corruzione (suo uno dei meriti principali per l’approvazione definitiva pochi giorni fa della legge sugli ecoreati), ma aprirebbe per Venezia una pagina di sviluppo fortemente innovativa: una pagina nella quale le vecchie parole “grandi opere”, industria inquinante, amministrazione opaca, lascino il posto a quella prospettiva di “green new deal”, di economia verde, di sostenibilità ambientale che è la sola base solida su cui costruire per i veneziani un futuro all’insegna del lavoro e della qualità sociale.

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