La commessa del secolo: gli affari militari tra Italia ed Egitto.

Oltre 9 miliardi di euro. E’ il nuovo “affare militare” in trattativa tra Roma e il Cairo. Un maxi-contratto, che è già stato definito “la commessa del secolo”. Comprende due fregate multiruolo Fremm destinate alla Marina miliare italiana (la Spartaco Schergat e la Emilio Bianchi del valore di 1,2 miliardi di euro, la cui esportazione sarebbe già stata autorizzata dal Governo Conte), ma sopratutto altre quattro fregate, 20 pattugliatori (che potrebbero essere costruiti nei cantieri egiziani), 24 caccia multiruolo Eurofighter e altrettanti aerei addestratori M346. 

Una commessa che rappresenta il maggiore contratto mai rilasciato dall’Italia dal dopoguerra e che farebbe dell’Egitto il principale acquirente di sistemi militari italiani impegnando non solo l’attuale esecutivo ma anche i futuri governi del nostro Paese. “Una decisione che influisce direttamente sulla politica estera e di difesa dell’Italia – spiega Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio sulle armi OPAL di Brescia – e proprio per questo non può essere considerata come altre licenze di esportazione di armamenti come “ordinaria amministrazione”, e quindi di competenza dell’Autorità nazionale UAMA – Unità per le autorizzazioni dei materiali d’armamento: per questo va discussa in Parlamento”

E’ ciò che propongono Amnesty International, Rete Italiana per il Disarmo e Rete della Pace che hanno lanciato un ampio flash-mob online #StopArmiEgitto per chiedere al Governo di bloccare qualsiasi ipotesi di nuove forniture militari all’Egitto di al-Sisi e a Deputati e Senatori di pretendere un dibattito aperto e chiaro in Parlamento sul contratto di forniture di armamenti all’Egitto. 

L’Egitto è il principale sostenitore del generale Haftar a capo dell’autoproclamato a”Consiglio nazionale di transizione libico” che da anni è in conflitto col governo internazionalmente riconosciuto di Tripoli, che l’Italia sostiene. “Esportare armamenti all’Egitto – spiega Francesco Vignarca, coordinatore di Rete disarmo – significa fornire sistemi militari ad un Paese che non solo non condivide, ma anzi avversa apertamente l’azione dell’Italia e della comunità internazionale per un processo di pacificazione in Libia”. La legge n. 185 del 1990 (che regolamenta le esportazioni di armamenti) prevede espressamente il divieto ad esportare armamenti e sistemi militari “verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere” (art. 1, c. 6a). La stessa legge prevede inoltre il divieto ad esportare ad esportare armamenti e sistemi militari  “verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione” (art. 1, c. 6b). 

Non solo. A seguito del colpo di Stato promosso dal generale Abdel Fattah al Sisi, in Egitto sono aumentate le detenzioni arbitrarie di oppositori politici, giornalisti, sindacalisti, universitari, difensori dei diritti umani. “La tortura – aggiunge Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Inteernational – è diffusa nei luoghi di detenzione formali e informali e le condizioni di detenzione sono disastrose. Dozzine di lavoratori e sindacalisti vengono arbitrariamente arrestati e processati per aver esercitato il loro diritto di sciopero e manifestazione”.La situazione è stata ripetutamente denunciata dalle associazioni per i diritti umani e da diverse risoluzioni del Parlamento europeo ( Risoluzione 13 dicembre 2018 e Risoluzione 24 ottobre 2019). A tal riguardo la legge n. 185 del 1990 (che regolamenta le esportazioni di armamenti) prevede espressamente il divieto ad esportare armamenti e sistemi militari “verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell’UE o del Consiglio d’Europa” (art. 1, c. 6c). 

C’è poi il tremendo capitolo che riguarda l’assassinio di Giulio Regeni. Le autorità egiziane non solo non hanno mai contribuito a fare chiarezza sulla morte del giovane ricercatore italiano sequestrato, torturato e ucciso in Egitto, ma hanno ripetutamente fornito ai magistrati italiani informazioni fuorvianti e insufficienti.

In sintesi: queste nuove forniture militari all’Egitto sono non solo in aperta violazione delle norme vigenti ma rappresentano un esplicito sostegno al regime repressivo instaurato dal generale Al Sisi all’indomani del colpo di Stato del luglio 2013.

L’esportazione delle due fregate Fremm pare sia stata recentemente autorizzata, mentre è invece ancora da definire il più ampio ordinativo per navi e aerei da guerra. Il Governo ed in particolare il Ministero degli Esteri possono tuttora non concedere l’autorizzazione alla fornitura e all’esportazione di questi sistemi militari all’Egitto anche se sono già state autorizzate ed abbiano preso avvio le trattative commerciali relative. 

Proprio per questo è importante far sentire la nostra voce al Governo e ai Parlamentari aderendo all’iniziativa promossa dalle reti pacifiste e per i diritti umani.

Nicoletta Dentico