Dagli Usa di Obama all’Italia di Renzi, passando per l’ambiente: trova le differenze

Articolo di Francesco Ferrante su Greenreport –

Alzi la mano chi non ha mai ironizzato sulla tendenza degli americani alla semplificazione. I cow boys e gli indiani. I buoni da una parte i cattivi dall’altra (sorvolando sul piccolo problema della definizione di “buono” e “cattivo”). Bianco o nero, un po’ manicheo. Altro che la capacità speculativa e di approfondimento di noi colti europei.

A volte però la semplificazione aiuterebbe a schierarsi e a prendere decisioni coerenti e di visione. Io in questi giorni, lo confesso, invidio gli americani. Lo scenario su innovazione, visione di futuro, lotta ai cambiamenti climatici dall’altra parte dell’Oceano è chiaro: da una parte – a destra – chi nega i cambiamenti climatici, chi ritiene che un minimo di welfare (nella sanità)  sia l’anticamera dell’aborrito socialismo, chi è contro i diritti civili delle minoranze, delle donne, di chi fa scelte di orientamento sessuale non “tradizionali”; dall’altra – Obama, a sinistra – chi per aggirare i veti repubblicani al Congresso passa attraverso l’Enviromental Protection Agency per imporre riduzioni (mai viste prima) per le emissioni delle centrali termoelettriche a carbone, fa la prima importante riforma sanitaria con principi di equità e coesione sociale, è la personificazione stessa della battaglia per i diritti civili, non solo dei neri d’America.

Conosco le obiezioni a questa visione un po’ manichea dello scontro politico in atto oltre Oceano, la principale delle quali, sul fronte ambientale, è legata alla politica di promozione dello shale gas dell’amministrazione Obama e, sul fronte dei diritti, alle mancate promesse riguardo Guantanamo. Insomma, a una vocazione al compromesso al ribasso che spesso sarebbe la scelta “pragmatica” di Barack.

Ma una notizia di questi ultimi giorni spiega bene gli schieramenti in campo. I miliardari petrolieri fratelli Koch (non nuovi a iniziative del genere) hanno annunciato una nuova campagna per la quale metteranno a disposizione l’astronomica cifra di 300 milioni di dollari con l’obiettivo di far eleggere al Congresso quanti più deputati negazionisti sul cambiamento climatico (possibilmente del Tea party) e per fermare la riforma di Obama sulle emissioni delle centrali a carbone. Obama ha reagito violentemente e i suoi campaigners hanno lanciato una grande raccolta fondi sui social network chiedendo 5 dollari ciascuno per fronteggiare l’assalto dei Koch. Tutto chiaro. Innovazione e difesa dell’ambiente da una parte, conservatori e amanti dei fossili dall’altra; chiamata “alle armi” del popolo ambientalista a sinistra contro le ricchissime élite di destra.

Non sarebbe bello se anche da queste parti chi si proclama campione dell’innovazione scegliesse senza tentennamenti la frontiera di targets avanzati a livello europeo, di una transizione energetica fondata su rinnovabili ed efficienza sul modello della Energiewende tedesca, della promozione della green economy anche come leva di un diverso sviluppo e di nuova occupazione? Invece da queste parti abbiamo a che fare con il rilancio delle trivellazioni, lo spalmaincentivi – ennesima mazzata per le rinnovabili – nessuna traccia di politiche industriali green. Abbiamo a che fare con il Corriere della Sera che dà voce ai negazionisti, o con vecchi editorialisti noti per antiche frequentazioni con i campioni dei fossili (Mario Pirani) che “sull’organo ufficiale” del governo Renzi (La Repubblica) martellano contro eolico e fotovoltaico inventandosi, letteralmente, dati inesistenti.

Problema non di oggi, a dir la verità: se a destra (così come i loro omologhi americani) Forza Italia e compagnia facevano votare in Senato ridicole mozioni negazioniste e son sempre stati “nemici dell’ambiente”, la sinistra italiana ben raramente ha preso nelle sue mani la bandiera della difesa dell’ambiente, cosa che sarebbe stata assai utile anche per rinnovare se stessa e mettersi al pari con i tempi. Stiamo assistendo all’ennesima occasione persa?

Sarebbe delittuoso rassegnarsi anche perché questo Paese non ha futuro se non imbocca con decisione la strada dell’innovazione. Ma quella vera, in cui ambiente, lotta ai cambiamenti climatici, rivoluzione energetica e green economy sono centrali, e non orpelli buoni per qualche dichiarazione.