Dismissioni, il condono Craxi del 1985 ‘resuscita’ tra le pieghe del dl Imu

La_Repubblica-logoAntonio Cianciullo per Repubblica.it – Alle volte ritornano, dopo 29 anni: rischiano di riaprirsi per 12 mesi i termini del condono edilizio Craxi del 1985. La norma, relativa all’acquisizione da parte di privati di edifici pubblici da alienare, è stata inserita nel provvedimento sull’Imu e sul nuovo assetto proprietario della Banca d’Italia in discussione in queste ore al Senato.

Ecco il testo: “Ai fini della valorizzazione degli immobili pubblici, in relazione ai processi di dismissione finalizzati ad obiettivi di finanza pubblica, le disposizioni di cui al comma 6 dell’articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 si applicano anche alle alienazioni di immobili di cui all’articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge 2 dicembre 2005, n. 248; per esse la domanda di sanatoria di cui al citato comma 6 dell’articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 può essere presentata entro un anno dall’atto di trasferimento dell’immobile”.

Il condono a cui si fa riferimento è quello voluto da Craxi nel 1985. Doveva essere un provvedimento eccezionale e irripetibile per sanare abusi che si erano accumulati nei decenni. Fu seguito da quello firmato da Berlusconi appena 9 anni dopo (1994) e presentato come l’ultimo. Ma dopo altri 9 anni sempre Berlusconi varò il terzo condono (2003). E da allora si sono alternati nuovi tentativi di sanare l’abusivismo.

L’effetto di questa deregulation è stato netto. Dai calcoli di Legambiente risulta che nei due decenni compresi tra il primo e il terzo condono, il 20% di tutte le abitazioni costruite in Italia e il 40% di quelle costruite nel Meridione sono stati abusivi.

“La portata di questo mini condono, che riguarda solo gli abusi edilizi effettuati negli edifici pubblici che saranno venduti, è evidentemente molto minore rispetto a quello che si è verificato in passato”, ricorda Roberto Della Seta, uno dei fondatori di Green Italia, che ha denunciato l’inserimento a sorpresa della norma nel provvedimento sull’Imu.

“Ma il messaggio, il ritorno in campo di un condono che ha legittimato con rischi gravissimi l’occupazione edilizia delle pendici del Vesuvio è devastante per la credibilità del Paese. E per le sue finanze: incoraggiare gli abusi significa incoraggiare il lavoro in nero che si traduce in minori entrate fiscali. Un pessimo affare anche perché, ad esempio, a fronte di 30 milioni di euro versati dagli abusivi romani per il condono del ’94, il Campidoglio ha dovuto affrontare spese di urbanizzazione per 250 milioni”.
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